Come affrontare i disturbi alimentari
29 Luglio 2013 2013-07-29 9:02Come affrontare i disturbi alimentari
Come affrontare i disturbi alimentari
I disturbi alimentari
“La fame è un inizio di dolore che ci invita a nutrirci;
la noia è un dolore che ci costringe a impegnarci in qualche attività;
l’amore è un bisogno che, se non soddisfatto, diviene doloroso.
L’eccesso è pernicioso, in ogni campo: nell’astinenza
come nella ghiottoneria, nell’economia come nella liberalità”.
(Voltaire)
I Disturbi Alimentari (DA), un tempo rari, dagli anni Settanta in poi, e soprattutto nel mondo industrializzato, hanno avuto una diffusione preoccupante, non solo per quanto concerne la numerosità dei casi, ma anche per la gravità dei quadri clinici presentati dai soggetti che ne soffrono, appartenenti, principalmente, alla popolazione giovanile.
All’inizio del XXI secolo la prevalenza e l’incidenza dell’obesità hanno, poi, assunto caratteristiche di un’epidemia esplosiva, affliggendo soggetti di ogni età e paese del mondo.
Tali problematiche sono, inoltre, accompagnate da una drastica riduzione della qualità di vita, restringendo la sfera d’interessi del soggetto al cibo, al peso ed ai rituali ad essi collegati.
Sulla scia di tali considerazioni, pensare ad un percorso di cura focalizzato esclusivamente sul sintomo alimentare può rappresentare una pratica estremamente fuorviante, in quanto rischia di nascondere l’ampio quadro legato alla specifica struttura di personalità del soggetto e di orientare il protocollo di intervento verso obiettivi non significativi, col conseguente rischio di non tener in debita considerazione il contesto relazionale del paziente, spesso, di contro, causa prima della patologia stessa.
Le cause dei Disturbi Alimentari paiono, quindi, complesse e difficilmente definibili se non attraverso una prospettiva multifattoriale, che tenga conto dei diversi aspetti bio – psico – sociali. Detto questo non esiste, ad oggi, un trattamento univoco e risolutivo per i DA, che affondano le loro radici nella psiche, ma generano una sequela di problematiche organiche, anche gravi e pericolose le quali, a loro volta, si ripercuotono nuovamente sull’attività mentale. Sono, infatti, patologie difficili e lunghe da curare, che in molti casi possono divenire croniche, producendo gravi inabilità psichiche e fisiche.
Un intervento integrato, da tale punto di vista, sembra essere quello maggiormente adeguato. Esso si articola su più livelli, ponendosi obiettivi a differenti gradi di complessità: la sostituzione di schemi comportamentali, di pensiero e di relazione disfunzionali con altri funzionali, la modifica in senso adattivo di aspetti specifici del Sé quali, ad esempio, i meccanismi che definiscono i livelli di autostima o la capacità di condurre un’autovalutazione realistica delle proprie capacità o bisogni e la modificazione della struttura di personalità nella sua globalità.
L’analisi degli aspetti legati all’evoluzione, alla prognosi ed alle complicazioni mediche a lungo termine, in aggiunta, mette in evidenza come molti pazienti che soffrono di DA passino, nel corso della loro esistenza, da una categoria diagnostica all’altra, rivelando un’unica malattia che, a seconda delle situazioni, si manifesta attraverso diverse sintomatologie.
Per tali ragioni, le considerazioni relative alle caratteristiche descrittive del disturbo ed allo spettro di funzionamento dei soggetti, ci consentono di comprendere maggiormente gli aspetti psicologici implicati nella genesi di tali complicanze mediche. Una diagnosi che parte dai sintomi segnala, infatti, chiaramente, che “qualcosa non va”; essi, tuttavia, di per sé, non ci danno alcuna indicazione né sul perché ciò sia stato espresso, né sul motivo per cui si sia manifestato in un determinato modo. Pertanto alla diagnosi “nosografico – descrittiva[1]”, da manuale, è utile affiancarne una di tipo “interpretativo – esplicativa”, in quanto i diversi orientamenti teorici forniscono interessanti contributi atti a mettere il luce gli aspetti psicologici disfunzionali di questi soggetti, facendone comprendere il problema, che si rivela in tutta la sua complessità.
Giada Pietrabissa
[1] Nel “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders” (DSM) i Disturbi dell’Alimentazione figurano sull’Asse I: Disturbi Clinici e altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica e vengono suddivisi in tre categorie: Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa e Disturbi dell’Alimentazione Non Altrimenti Specificati