Lo psicologo capisce il tuo carattere da come stai seduto sulla sedia?
Lo psicologo capisce il tuo carattere da come stai seduto sulla sedia?
Lo psicologo capisce il tuo carattere da come stai seduto sulla sedia?
Un mio conoscente giura e spergiura che ai tempi della visita di leva “lo mandarono da uno psicologo che capì il suo carattere solo guardando come si era seduto”. Questa idea mi sembra analoga alla bufala che lo psicologo possa leggere nel pensiero della gente appena si apre bocca. Chissà, forse parte del fascino di cui può godere questo mestiere discende proprio dalla fantasia che con la laurea in Psicologia si acquisisca la facoltà soprannaturale di mettere a nudo i pensieri degli altri. Ma se non si capisce che questa è, per l’appunto, solo una fantasia… ecco che parte una bella bufala.
C’è un “dizionario” dei gesti?
Chiariamoci subito: la letteratura sul linguaggio dei gesti è molta e molto seria. Ma purtroppo c’è anche tanta roba che proprio serissima non è. Quanti di noi si sono imbattuti nell’articolo di giornale o nel libriccino che spiega dettagliatamente come capire le vere intenzioni di chi si ha davanti guardando i loro gesti e le loro movenze? Impareremo allora:
– che se il nostro interlocutore si porta la mano alla bocca mentre parla sta certamente dicendo una bugia,
– oppure che se una donna giocherella con i capelli sicuramente sta cercando di sedurre il suo partner,
– o ancora che stare seduti sulla punta della sedia denota con assoluta certezza un grande imbarazzo.
Magari poi si scopre che l’interlocutore si copre la bocca perché ha appena scoperto di avere una fogliolina di rucola incastrata nei denti. La gentile signora è appena uscita dal parrucchiere con una messa in piega che non la soddisfa per nulla e sta cercando disperatamente di assestarsi i capelli in un modo più gradevole. Sulla punta della sedia non ci si siedono solo gli imbarazzati ma anche i bassi di statura…
L’idea di interpretare i gesti corporei è totalmente sbagliata?
Allora tutto quel che si sente dire sul significato dei gesti è sbagliato? No, per nulla. Anzi, molte informazioni le trasmettiamo agli altri proprio così: con le espressioni della nostra faccia e con i gesti del nostro corpo. Chi si occupa di questa materia afferma addirittura che è proprio attraverso questi canali, e non attraverso le parole, che passa la maggior parte di quel che comunichiamo. Per inciso, questo è il motivo per cui nelle chat e nelle email si è ben presto sentito il bisogno di inventarsi qualcosa da aggiungere al testo scritto: le sole parole sono insufficienti per esprimersi in modo chiaro e ricco, e quindi via libera alle emoticon o faccine che dir si voglia.
Qui arriviamo al dunque. Proprio perché attraverso questi canali facciamo passare molte informazioni, non possiamo concentrarci solo su uno o due dettagli: dobbiamo considerare la comunicazione non-verbale nella sua complessità. In altre parole: non è corretto sostenere che a un singolo gesto corrisponda un singolo stato d’animo, e sempre e solo quello. Gli esempi che ho riferito qui sopra dovrebbero avervi dimostrato che ogni elemento ha un senso solo se viene riferito a un contesto complessivo.
Altrimenti rischiamo di prendere delle cantonate, anche grosse. E magari rischiamo di fare una scenata alla nostra partner perché si sfilava e infilava la fede (perché sul tale libro dicevano che è segno di infedeltà)… quando lei stava solo cercando di vedere quanto le si erano gonfiate le mani col caldo.
Conviene ricordarsi di quel che diceva Freud
All’Università cominciano a dirlo fin dal primo giorno e smettono di ricordarlo solo quando ci si è laureati: non si fanno diagnosi a vanvera. Mai. Non ci si basa mai, per nessun motivo, su singoli elementi isolati per arrivare a delle conclusioni: è scorretto e pericoloso. Non ci si avventura in letture magari affascinanti, ma fondate su pochi sintomi. Lo so che per qualcuno la voglia di sbalordire l’uditorio confezionando interpretazioni e letture cliniche a go-go è molto forte, ma, a costo di passare per incompetenti, una diagnosi seria non si fa così. E, al posto vostro, diffiderei di chi spara interpretazioni a raffica, magari senza conoscere la persona di cui parla: uno psicologo serio sa di non essere uno stregone. Sa che il suo lavoro non è lasciare la gente a bocca aperta svelando il significato inconscio di ogni cosa.
Narrano le leggende che una volta chiesero a Freud, accanito fumatore di sigaro, un commento sul significato psicoanalitico del fumare. La sua risposta fu: “A volte un sigaro è solo un sigaro”. Più chiaro di così…
C’è un “dizionario” dei gesti?
Chiariamoci subito: la letteratura sul linguaggio dei gesti è molta e molto seria. Ma purtroppo c’è anche tanta roba che proprio serissima non è. Quanti di noi si sono imbattuti nell’articolo di giornale o nel libriccino che spiega dettagliatamente come capire le vere intenzioni di chi si ha davanti guardando i loro gesti e le loro movenze? Impareremo allora:
– che se il nostro interlocutore si porta la mano alla bocca mentre parla sta certamente dicendo una bugia,
– oppure che se una donna giocherella con i capelli sicuramente sta cercando di sedurre il suo partner,
– o ancora che stare seduti sulla punta della sedia denota con assoluta certezza un grande imbarazzo.
Magari poi si scopre che l’interlocutore si copre la bocca perché ha appena scoperto di avere una fogliolina di rucola incastrata nei denti. La gentile signora è appena uscita dal parrucchiere con una messa in piega che non la soddisfa per nulla e sta cercando disperatamente di assestarsi i capelli in un modo più gradevole. Sulla punta della sedia non ci si siedono solo gli imbarazzati ma anche i bassi di statura…
L’idea di interpretare i gesti corporei è totalmente sbagliata?
Allora tutto quel che si sente dire sul significato dei gesti è sbagliato? No, per nulla. Anzi, molte informazioni le trasmettiamo agli altri proprio così: con le espressioni della nostra faccia e con i gesti del nostro corpo. Chi si occupa di questa materia afferma addirittura che è proprio attraverso questi canali, e non attraverso le parole, che passa la maggior parte di quel che comunichiamo. Per inciso, questo è il motivo per cui nelle chat e nelle email si è ben presto sentito il bisogno di inventarsi qualcosa da aggiungere al testo scritto: le sole parole sono insufficienti per esprimersi in modo chiaro e ricco, e quindi via libera alle emoticon o faccine che dir si voglia.
Qui arriviamo al dunque. Proprio perché attraverso questi canali facciamo passare molte informazioni, non possiamo concentrarci solo su uno o due dettagli: dobbiamo considerare la comunicazione non-verbale nella sua complessità. In altre parole: non è corretto sostenere che a un singolo gesto corrisponda un singolo stato d’animo, e sempre e solo quello. Gli esempi che ho riferito qui sopra dovrebbero avervi dimostrato che ogni elemento ha un senso solo se viene riferito a un contesto complessivo.
Altrimenti rischiamo di prendere delle cantonate, anche grosse. E magari rischiamo di fare una scenata alla nostra partner perché si sfilava e infilava la fede (perché sul tale libro dicevano che è segno di infedeltà)… quando lei stava solo cercando di vedere quanto le si erano gonfiate le mani col caldo.
Conviene ricordarsi di quel che diceva Freud
All’Università cominciano a dirlo fin dal primo giorno e smettono di ricordarlo solo quando ci si è laureati: non si fanno diagnosi a vanvera. Mai. Non ci si basa mai, per nessun motivo, su singoli elementi isolati per arrivare a delle conclusioni: è scorretto e pericoloso. Non ci si avventura in letture magari affascinanti, ma fondate su pochi sintomi. Lo so che per qualcuno la voglia di sbalordire l’uditorio confezionando interpretazioni e letture cliniche a go-go è molto forte, ma, a costo di passare per incompetenti, una diagnosi seria non si fa così. E, al posto vostro, diffiderei di chi spara interpretazioni a raffica, magari senza conoscere la persona di cui parla: uno psicologo serio sa di non essere uno stregone. Sa che il suo lavoro non è lasciare la gente a bocca aperta svelando il significato inconscio di ogni cosa.
Narrano le leggende che una volta chiesero a Freud, accanito fumatore di sigaro, un commento sul significato psicoanalitico del fumare. La sua risposta fu: “A volte un sigaro è solo un sigaro”. Più chiaro di così…
Per gentile concessione della Dott.ssa Silvia Bianconcini www.psicologia-imola.it