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Come riconoscere l’amore patologico di una madre

Psicologia giuridica

Come riconoscere l’amore patologico di una madre

sindrome-de-munchhausen v8bmsQuale mamma si nasconde dietro un figlio? Reale o immaginaria?

“Allenarsi “con l’immaginazione, sperimentando ciò che si dirà o farà nella realtà, corrisponde certamente a precisi quadri di personalità, caratteristici di un Mondo Interno fatto di veri e propri palcoscenici dove poter recitare la nostra parte.

A volte la fantasia e l’immaginazione ci servono per convivere con una realtà che sentiamo come spiacevole, difficile da affrontare, con un’autostima malcerta pronta a creare un “personaggio”.

Il potere della fantasia è quello di inventare fatti e situazioni che per noi sono favorevoli: trasformiamo il mondo secondo i nostri sconfinati desideri e innumerevoli esigenze, ma l’incontrollabile e ripetitivo ritirarsi dalla sfida quotidiana, il nostro abile “artista”, può anche uccidere.

E’ il caso della persona affetta dalla Sindrome di Munchausen. Il “personaggio”, solitamente la madre, cerca di combattere la sensazione interna di vuoto attraverso la fittizia assunzione del ruolo di madre devota e pronta al sacrificio di sè di fronte ai figli affetti da malattie rare e di difficile individuazione.

Penso che sia piuttosto inquietante e allarmante, soprattutto quando si pensa che questo abuso è messo in atto per la maggior parte dei casi dalla madre, proprio colei che per prima instaura un rapporto di attaccamento con il bambino e dalla quale ci sia aspetta che sia in grado di offrire tutte le cure possibili.

Quando si parla di Sindrome di Munchausen per procura

La Sindrome di Munchausen per procura (SMP) è una forma di maltrattamento che si inquadra nel genere di “patologia di fornitura di cure”, più precisamente nella specie della “ipercuria”, vale a dire l’eccesso di cure fornite al bambino in modo distorto. La SMP ricorda la storia del Barone Munchausen, diventato famoso per i suoi inverosimili racconti (viaggio sulla luna, viaggio a cavallo di una palla di cannone) e per la misteriosa morte del suo piccolo Polle (figlio del Barone).

L’espressione “Sindrome di Muchausen” è usata per la prima volta da Asher nel 1951 per descrivere il caso di quelle persone che si rivolgono insistentemente ed inutilmente ad ospedali, allegando continui ed inesistenti disturbi, fino a riportare conseguenze dannose dai ripetuti accertamenti o, addirittura, dai molteplici interventi chirurgici. Come il famoso Barone, le persone affette da questa sindrome hanno sempre viaggiato tanto e le loro storie sono allo stesso tempo drammatiche e false.

Nel 1977 Meadow usa l’espressione “Sindrome di Muchausen per procura” per indicare una situazione in cui i genitori, inventano sintomi e segni che i propri figli non hanno, o procurano loro sintomi e disturbi (con la somministrazione di sostanza chimiche), esponendoli ad una serie di accertamenti, esami che finiscono per danneggiarli o addirittura ucciderli.

Riconoscere una mamma troppo “amorevole”

Un aggettivo spesso citato nel parlare della Sindrome di Munchausen per procura è “subdola”: i medici si trovano di fronte a sintomi strani, a quadri “camaleontici connotati clinici” resistenti alle terapie .

Non solo, ma se è già disturbante ammettere che i genitori, le madri in particolare, vogliano fare del male ai propri figli, ancor più difficile è riconoscere che a farlo siano madri che appaiono così sollecite e premurose. E’ fastidioso dover concludere che si è stati manipolati, che si è perso tempo nel cercare l’inesistente, insomma, che ci si è sbagliati. Da qui la difficoltà di diagnostica della Sindrome in questione.

Combinando i criteri di Eminson e Postlethwaite, Meadow, Resen at al. il dubbio dovrebbe nascere in presenza dei seguenti fattori:

  • segni e sintomi bizzarri, che non si trovano in alcuna malattia conosciuta o che sono incongrui a quadri patologici noti;
  • il trattamento non ha alcuna efficacia;
  • il genitore ha o esibisce qualche conoscenza di medicina;
  • il genitore stabilisce relazioni fin troppo stretto e cordiale con i membri dello staff ospedaliero
  • vi sono precedenti di malattie insolite o di morti starne nei fratellini ;
  • segni e sintomi compaiono solo quando i genitori (perlopiù la madre) sono soli con il bambino.

L’avvertenza di stare allerta di fronte a questi segnali è rivolta soprattutto ai pediatri, ai quali vengono raccomandazioni sulle azioni da intraprendere quando sorge il sospetto di essere in presenza di Munchausen per procura:

  • raccogliere informazioni accurate, ricorrendo eventualmente a contatti telefonici con insegnanti, amichetti del bambino, vicini di casa;
  • analizzare i dettagli delle informazioni date dalla madre, anche quelle relative ad argomenti diversi dalla malattia ( storie di vita della madre , composizione familiare,esperienze lavorative ecc.)

Raggiunta la certezza del maltrattamento, mettere la madre di fronte alla scoperta non è un impresa da poco, e richiede sensibilità particolare. Il comportamento delle madri non è sempre lo stesso: alcune ammettono il malfatto, altre negano persino di fronte alle prove più lampanti. In altri casi la scoperta del maltrattamento ha condotto tentativi di suicidio delle madri.

E’ importante mettere a disposizione della madre un sostegno psicologico, anche se è una via difficoltosa e con esiti deludenti. Si evidenziano anche difficoltà nel convincere lo staff medico che è stato manipolato dalle madri; costoro si sono fatte amiche di medici e infermieri. Ancora, è difficile per gli stessi pediatri, o comunque per i medici che sospettano il ricorso della SMP, ammettere di essere stati “giocati”, anche a lungo, rinunciare magari all’idea di essere di fronte ad una rara malattia che si sarà in grado di riconoscere. Insomma, la Sindrome di Munchausen per procura è subdola anche perché sollecita il narcisismo del medico e collude con esso.

Per quanto difficile possa essere è sempre doveroso, per chiunque si occupi dell’infanzia, proteggere i bambini, e sempre meno pericoloso per fingere di non vedere e di non sapere: il peggiore degli abusi.

Teresa Lamanna

 

 

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