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Compiti a scuola: giusto o sbagliato?

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Compiti a scuola: giusto o sbagliato?

compiti a scuolaHo rilasciato un’intervista al Secolo XIX sul tema “compiti a casa”, dove mi è stato chiesto se hanno valore recenti teorie di pedagogisti che suggerirebbero l’abolizione di tali pratiche.

L’articolo completo può essere letto qui.

Di seguito l’intervista che ho rilasciato in versione integrale, buona lettura!

I compiti a casa sono a suo avviso da eliminare?

Credo che i compiti a casa siano una buona cosa se vissuti con spirito produttivo e piacevole, pertanto se non esagerati ma fatti apprezzare da docenti e genitori quale parte integrante della formazione e della crescita della persona. Il problema è che in molti vivono il fare i compiti come una seccatura, ed è allora compito dei docenti e degli educatori di fare apprezzare la bellezza di imparare, promuovendo un approccio costruttivo al doversi esercitare per perfezionarsi e raggiungere un’evoluzione in più. Certo non è solo sui libri però che si impara: esperienze pratiche e concrete capaci di emozionare positivamente il ragazzo sono molto più efficaci in questo senso. Studiare può essere bello e gratificante? a mio avviso si, e i compiti stessi possono andare in questa direzione: il problema non è quindi compiti si o no, ma compiti “come”!

basta compitiPiù che il compito in sè, pertanto, è importante la regola e la norma da rispettare che il compito può simboleggiare: capire che ci sono anche dei sacrifici da fare per potere imparare e diventare bravi. Non discuto poi che, come dicevo prima, si possa imparare anche giocando (anzi il bambino impara le prime abilità e competenze relazionali proprio attraverso il gioco) e divertendosi, ma non sempre è tutto così rosa e fiori.

Imparare l’impegno nello studio, insomma, credo possa essere poi una risorsa spendibile nel corso della vita. Certo se studiamo qualcosa che ci piace tutto è molto più “naturale”.

Quali effetti producono i compiti sulla psiche di un bambino?

I compiti, se somministrati correttamente, svolgono la funzione di insegnare ai bambini l’importanza di applicarsi in un determinato ambito per potere raggiungere risultati gratificanti.

Se un bambino non dovesse avere più l’impegno dei compiti, come dovrebbe trascorrere il tempo libero?

Il tempo libero dedicato alle abilità e compentenze relazionali va sempre preservato e dosato saggiamente con le materie curriculari standard. Il rischio se si snobba la parte “non scolastica” è alto, ne vedo parecchi esempi nella pratica clinica di persone che puntano tutto sullo studio e un giorno si svegliano e capiscono che hanno voti insufficienti in tutte le materie di vita non curriculari: amicizia, socialità, estroversione, hobbie, passioni, etc…

Puntando troppo sullo studio prima e nel lavoro poi, il rischio è di trascurare una delle parti più importanti della nostra vita: gli affetti e la nostra abilità di viverli e crearli.

Ci può essere una valida alternativa ai compiti?

Più che alternativa direi che è un dovere perseguire una educazione che mantenga due binari paralleli ma entrambi fondamentali: lo studio da una parte, benissimo, per i motivi sopra esposti, dall’altra invece il coltivare le capacità relazionali nell’interazione (con coetanei e non) attraverso la piattaforma del gioco e del divertimento.

Luca Mazzucchelli

 

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