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Depressione: 4 strategie per prevenirla

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Depressione: 4 strategie per prevenirla

depressionePremessa

L’Organizzazione Mondiale della Salute, alla fine degli anni 90, pronosticava che nei primi 15 anni del 2000 avremmo avuto un incremento del 2 percento delle patologie psichiche, dato confermato dai fatti. Oggi sostiene che nel 2020 saranno al primo posto le malattie cardiovascolari e al secondo quelle psichiche. E’ un dato che non può non interrogare circa la situazione cui andremo a breve tempo incontro, dato che nemmeno il tumore sarà malattia diffusa tanto quanto quelle psicologiche.

A proposito di diffusione delle patologie, la depressione possiede a questo riguardo una peculiarità che la differenzia dalla maggior parte delle altre malattie psichiche. Pensiamo all’Africa, continente dove si vive in maniera molto diversa dalla nostra e anche per questo motivo molte malattie mentali come ad esempio l’anoressia non si ritrovano: la depressione, che si trova anche qui, non conosce limiti culturali o geografici.

In Italia il 70 percento delle persone depresse si colloca nelle grandi città. A Milano, ad esempio, nel 2011 sono stati contati 38000 persone depresse (numero fortemente sottostimato perché molti curano la depressione fuori dal sistema sanitario pubblico) di cui ben 2/3 sono donne.

La depressione e l’individuo

La parola “depressione” è entrata nel nostro gergo quotidiano snaturando in parte la sua modalità di utilizzo nativa, essendo oggi molto utilizzata anche in ambiti che di psicologico hanno ben poco: dal meteo all’economia, questo termine rimanda sempre e comunque al concetto di abbassamento di un parametro rispetto alla condizione precedente.

In psicologia si assiste a un fenomeno in linea con il concetto sopra esposto di diminuzione, che avviene in diversi frangenti: le emozioni che si spengono, le relazioni diminuiscono per cui non si ha più voglia di vedere amici o parenti, la memoria fatica a fissare nuove idee, il fisico è sottotono.

Non è un caso che sempre più studi scientifici trovino una relazione tra depressione e alcune malattie fisiche, con particolare attenzione a quelle cardiologiche, come a indicare che le malattie più “importanti” si facciano strada partendo da dentro noi stessi.

Alcuni elementi sono particolarmente importanti nel decidere come la persona si rapporterà ai momenti bui che inevitabilmente nel corso della vita accadono, come ad esempio lo stile famigliare appreso, se improntato a esprimere le emozioni o a ingoiarle. 

La famiglia dalla quale si proviene è determinante spesso perché in alcune si impara ad esprimere la sofferenza, mentre in altre invece questo atteggiamento viene a un qualche livello proibito. 

Portando agli estremi questi due atteggiamenti, possiamo dire che nel primo caso si potrà sviluppare un rapporto con il dolore per cui l’essere tristi viene quasi ostentato o comunque ci si culla nel letto di dolore, nel secondo caso invece predominerà il senso del dovere e sarà per l’individuo necessario andare avanti ad ogni costo: in questi casi ammettere di essere depressi sembra un qualcosa di cui vergognarsi e di cui non si può andare fieri. 

Ormai atavica, la polemica tra corpo e psiche è di attualità anche quando si parla di guarigione dalla depressione. Alcuni studiosi dicono che solo attraverso i farmaci se ne può uscire, altri difendono a spada tratta l’utilità della psicoterapia e attaccano l’efficacia farmacologica, ma parlare di queste divisioni appare anacronistico: in quanto persone abbiamo al nostro interno aspetti fisici e psicologici uniti. 

Il contesto odierno

Il tempo a cui siamo vincolati nella nostra quotidianità è sempre più “stretto”: i tempi morti sono rari e – complici le nuove tecnologie – ci si abitua a fare le cose in maniera quasi istantanea.

In questo trend dove aumenta l’attività di vita, pensiamo all’importanza che attribuiamo al mondo del lavoro, che sempre maggiormente è pilastro su cui fondiamo la nostra identità, sostituendo in molti casi il ruolo che dovrebbero giocare in questo frangente gli affetti.

Questa situazione ha conseguenze molto pesanti che possono portare facilmente a depressione: nel momento in cui il lavoro non gratifica più o in cui l’azienda inizia a considerarmi un peso, si va incontro ad una pericolosa caduta dell’autostima.

Per i giovani di oggi, che nascono disoccupati, questo rappresenta la nuova normalità e difficilmente provano l’aumento dell’autostima che il lavoro in certi momenti può fornire. 

Al contrario sono parecchie le persone di 50 anni disperate perché sono forzate a fare un passo indietro dopo avere acquisito un certo benessere che davano per consolidato.

Fuori discussione ovviamente intendere che i giovani siano per questo più fortunati: essere abituati a una situazione dannosa ne riduce la percezione che abbiamo di essa, ma non certo gli effetti dannosi da lei provocati sulla progettualità e insicurezza.

Pensiamo ai lavoratori della strada che bucano l’asfalto con il trapano: per resistere al rumore hanno dovuto alzare la loro soglia di percezione, cioè accorgersene meno. Avvertono così meno fastidio,  ma l’inquinamento acustico provoca ugualmente loro danni: medesima è la dinamica sottostante alla depressione.

 

campanello dallarmeFattori di rischio e campanelli di allarme

Se una persona ha poche amicizie, non le piace parlare, ha tendenza a chiudersi e pochi interessi, ad esempio, nel momento in cui qualcosa la butta giù di morale tenderà a chiudere ogni ponte verso il benessere e il cambiamento positivo: gli aspetti depressivi in un contesto di questo genere hanno facilmente la meglio e ingloberanno totalmente la persona.

Sono campanelli di allarme quando una persona inizia ad avere una serie di sintomi fisici (stanchezza immotivata crescente, memoria che perde efficacia), a mollare le relazioni (a partire dal sesso nella coppia fino agli amici e agli interessi di sempre), a trascurarsi nel vestiario o in altri aspetti della cura del sé che prima erano ben seguiti. 

 

Siamo capaci di aiutare degli amici che cadono in queste premesse?

Sono questi dei segni che devono aiutarci non a dire a chi sta male “vai dal medico”, ma ad aiutarlo facendo cose che possano contrastare la sua tendenza a chiudersi. 

E’ la chiusura relazionale che va contrastata e non è certo limitandosi a inviare dallo specialista che si risolverà la situazione, perché ci si salva insieme dentro la relazione.

Le ricerche più recenti dicono che gli antidepressivi funzionano meno dei placebo: non è pensabile delegare al farmaco la soluzione del malessere.

 

4 pratiche utili a contrastare la depressione

Abbiamo accennato come ciascuno impari e coltivi un proprio personale stile nel rapportarsi al mondo. Questo stile, anche se appreso, può essere modificato per renderlo più resistente e utile ad affrontare i momenti difficili della vita: il cambiamento è perseguibile e non è vera l’idea secondo la quale se una persona è depressa lo rimarrà per tutta la vita.

  1. Riprendere le relazioni: aprire la porta di casa invece che chiudersi in solitudine. Questo vuol dire frequentare persone (non necessariamente quelle simili a noi, perché è dal differente che si apprende e cresce), ma anche coltivare i nostri interessi e passioni.
  2. Sport moderato: muoversi di più vuol dire fare attività in maniera moderata, come anche semplicemente fare delle passeggiate, possibilmente con altri amici.
  3. Mangiare: una alimentazione sana che ci dia piacere. 
  4. Provare piacere: dedichiamo del tempo a fare qualcosa che ci piaccia. Questo è il primo antidoto alla depressione. Quanto tempo dedichiamo al giorno al piacere? in che modo il piacere governa la nostra vita?  Quante azioni compiamo ogni giorno che ci fanno piacere? sono domande da porsi perché ci aiutano a modificare la nostra routine. Quanti di noi se si fanno l’esame del piacere ne escono bene? Credo molto pochi.

 

Per aiutare chi è depresso quindi occorre scoprire gli interessi di chi sta male e capire, se li lascia cadere, come mai. E seguendo le indicazioni fornite, occorre facilitare la persona affinché tenga una porta aperta in casa, aprendo gli spazi ad altri.

E poi, a braccetto del piacere, non dimentichiamo la risata. Ridere è una terapia molto importante contro la depressione: arricchisce chi la riceve senza impoverire chi la fornisce.

  https://www.youtube.com/watch?v=oFPIFYgldJ0

Il potere della depressione

Il depresso attraverso il sintomo, a suo modo acquista molto potere e possibilità di fare compiere tante cose a chi gli sta intorno.

Spesso infatti riesce a far fare quello che vuole: perchè non ce la fa, perchè non ha voglia, perchè e triste, etc. Si dichiara e si sente debole, ma ha una forza che ha solo il neonato. Il neonato impedisce al genitore di lavarsi, di fare pipi, di dormire.

 

Il ruolo dell’esperto

Se la radice della depressione affonda nel profondo, occorre ricorrere a psicoterapia ed eventualmente in via transitoria a dei farmaci.

La rivisitazione della propria storia assume allora una certa importanza ed è bene farla con un esperto, piuttosto che in solitudine. Ci sono oggi tanti tipi di psicoterapia cui chiedere aiuto, e il problema è talvolta l’imbarazzo della scelta in un panorama così vasto. 

 Luca Mazzucchelli

 

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