Devianza criminale e psicopatologica: differenze, analogie e ruolo della valutazione psicologica

Devianza criminale e psicopatologica: differenze, analogie e ruolo della valutazione psicologica
A cura di Cecilia Pecchioli Catelani
Con il termine “devianza” intendiamo quel comportamento che risulta essere in conflitto con le regole sociali; essa assume rilevanza criminale nel momento in cui la trasgressione riguarda una norma giuridica. Parliamo di devianza psicopatologica, invece, quando si verifica uno scostamento dalla normalità (sanità psichica).
Vediamo quali sono i principali aspetti che mantengono distinte le due forme di devianza:
– Un’azione può collocarsi al di fuori della norma dal punto di vista giuridico, e perciò giudicato come criminoso, mentre la rappresentazione sociale di esso non implica aspetti di patologia (e neppure di rilevante devianza): ciò avviene, ad esempio, per i reati di inquinamento o evasione fiscale;
– Al contrario, molti atti socialmente non appropriati non costituiscono “crimini”: per esempio, un abbigliamento stravagante in un contesto formale, o il matrimonio misto in una data cultura;
– Alcuni comportamenti anormali (come quelli tipici delle sindromi maniaco-depressive) non sono crimini, ma richiedono particolari “sanzioni” che si concretizzano nei trattamenti psichiatrici obbligatori.
Devianza criminale e psicopatologica presentano, però, alcune aree di sovrapposizione:
– Comportamenti anormali possono avere rilevanza giudiziaria, come avviene spesso per i reati sessuali o gli abusi di sostanze illecite;
– Molti atti illegali sono considerati indicatori di anormalità psichica: questo non solo nel pensiero comune, ma anche nelle Manuale diagnostico (DSM-IV-R). Ne sono chiari esempi il disturbo antisociale di personalità e il disturbo della condotta nei minorenni.
L’inclusione del comportamento antisociale e degli altri disturbi della condotta nel manuale diagnostico delle patologie conduce a quesiti e risvolti interessanti: la recidiva dei comportamenti illegali e sanzionati penalmente è indicatore essenziale per la diagnosi dei disturbi antisociali e della condotta (inclusi tra le patologie psichiche)? Tutti i crimini sarebbero allora, in qualche modo, devianti anche da un punto di vista psicopatologico. Ma il riconoscimento della presenza di disturbi psichici non porta a considerare come infermo di mente e, quindi, totalmente o parzialmente incapace il soggetto che ne è portatore?
Le sovrapposizioni tra devianza criminale e psicopatologica vanno attentamente analizzate.
Il senso comune spesso attribuisce agli atti criminali un’etichetta di “insanità”, ma dati statistici dimostrano che nessuna rilevante correlazione esiste tra malattia psichiatrica e comportamento criminale.
Le patologie psichiche sono considerate circostanze attenuanti anche per gravi atti criminali, ma quale tipo e grado di patologia?
Il Q.I. < 70, con o senza concomitanza di sindromi organiche, comporta automaticamente assenza di responsabilità?
In generale, un uso acritico delle teorie psicologiche sulla “insanità mentale” può condurre ad evitare o distorcere l’attribuzione di responsabilità, e questo è oggetto di controversia dal punto di vista giuridico.
Va ricordato che il codice penale italiano (art. 133) stabilisce che vanno valutate e ponderate “l’intensità del dolo o grado della colpa” e la “capacità a delinquere del colpevole”.
Le diverse fonti di anormalità andrebbero, pertanto, considerate non una logica di “tutto-niente”, in una valutazione automatica della “insanità” o “insufficienza mentale” (comporterebbero attenuazione della capacità di intendere e volere); andrebbero, invede, considerate soppesando, in prospettiva idiografica, la capacità e la responsabilità, in relazione al tipo di comportamento illegale, alla particolare condizione del soggetto e al contesto relazionale nel quale è coinvolto.
Per quanto concerne la valutazione psicologica della responsabilità, in un’ottica diversa da quella psichiatrica, diverse sono le variabili da ponderare.
Una eccessiva ansietà può essere indotta da sentimenti di sfiducia circa le possibilità di fronteggiare situazioni potenzialmente pericolose, o dall’inefficacia nel regolare il pericolo controllando i contenuti che inducono paura. Dubbi circa la propria capacità di realizzare obiettivi essenziali (carenza di autoefficacia), o un sentimento di essere senza aiuto (impotenza appresa), determinano stati depressivi che il soggetto tenta di compensare in modi diversi, anche disadattivi.
Le identificazioni con modelli devianti e/o l’individuazione basata su atteggiamenti oppositivi possono determinare identità negativa con contrapposizione alle regole sociali.
Il narcisismo patologico, il pensiero concreto predominante su quello astratto, l’inadeguata capacità di programmazione e di decisione, determinano comportamenti impulsivi; inoltre la percezione sociale delle leggi e delle regole, i principi etici, le pressioni delle subculture di appartenenza, etc, portano, in certi contesti, alla sopravvalutazione dei benefici del crimine.
Oggetto della valutazione psicologica sono sia i “tratti”, ossia le disposizioni stabili che caratterizzano l’individuo, sia le modificazioni di questi derivanti dalle interazioni, dalle situazioni e dal contesto.
A livello metodologico, occorre tener conto sia della prospettiva “strutturale” che di “contenuto”. La prima può essere ricondotta all’approccio di tipo psicometrico che si avvale sia di test strutturati, sia di intelligenza che di personalità. La prospettiva dinamico-funzionale si avvale, prevalentemente, di metodologie non psicometriche: griglie, termometri, colloqui, interviste, storie di vita.
L’esame di progetti, strategie personali, storie e copioni di vita, può essere finalizzato a rintracciare sia i segni di coerenza, che consentono di collocare i soggetti in categorie generali, sia indicatori delle indicazioni e dei cambiamenti che mutano nel tempo tale collocazione.
Utili, a patto di non venire esclusivizzati come unici strumenti capaci di ottenere una non soggettiva valutazione, sono i test standardizzati: nella pratica diagnostico-forense i test più usati sono, attualmente, il Rorschach, l’M.M.P.I.-2, test proiettivi e di intelligenza.
Bibliografia
Ponti, Merzagora (1993), “Psichiatria e giustizia”, Cortina Milano.
De Leo (1996), “Psicologia della responsabilità”, Laterza Roma-Bari.