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Come difendersi dal Mobbing

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Come difendersi dal Mobbing

mobbingAumentano quotidianamente le lamentele di maltrattamenti subiti sul posto di lavoro.

Facciamo chiarezza su cosa sia il mobbing, sulle sue ripercussioni e su come limitarlo.

Il mobbing è un fenomeno sempre più diffuso, ormai capace di attrarre anche in Italia attenzioni un tempo non mostrategli.
Tuttavia, il termine mobbing rimane una parola abusata, circondata da una gran confusione.  Cercare di essere esaurienti su questo tema con un singolo articolo è sicuramente limitativo ma credo necessario fornire alcune precisazioni sull’argomento, seppure in maniera sommaria. Mi riserverò quindi di approfondire la problematica qualora vedessi nascere particolare interesse a tal proposito.
Uno dei luoghi comuni più diffusi legati al concetto di mobbing è che esso sia una malattia. In realtà il mobbing è un’accusa: non si è mai malati di mobbing ma sue vittime, occorre sempre un molestatore ed un abusato e, benché questo fenomeno possa portare allo sviluppo di gravi patologie, va considerato come loro causa, non effetto.

In USA il mobbing è più raro, meno conosciuto e diffuso rispetto al nostro paese.  Questo fatto è imputabile principalmente a tre cause:

1) Negli USA sono presenti stati (si pensi all’Arizona, alla California Meridionale, al Nevada) dove vi è piena occupazione. Con questa situazione quando qualcuno ha un problema lavorativo può cercare di cambiare settore di impiego (cosa che in Europa non si può fare per il rischio della disoccupazione). In Europa la gente è maggiormente costretta a tenersi il lavoro che ha a prescindere dal fatto che gli possa piacere.

2) Negli USA vi è una maggiore concezione della mobilità, le famiglie numerose sono più abituate a spostarsi da uno stato all’altro per cercare lavoro mentre in Europa abbiamo radici familiari più profonde, che ci limitano in questo.

3) Negli USA c’è una scarsissima protezione del lavoro, quindi non c’è bisogno di fare mobbing per cacciare via qualcuno di indesiderato ma è sufficiente licenziarlo.

Una prima distinzione utile da fare è quella che intercorre tra mobbing e stress. Gli eventi stressanti cui tutti i giorni abbiamo a che fare, infatti, possono anche loro portare allo sviluppo di patologie ma non per questo possiamo dire di trovarci di fronte a mobbing. I carichi sociali, fisici, psichici e organizzativi ai quali il nostro lavoro può esporci contribuiscono in gran parte a renderci più tesi, stressati, vulnerabili. Tuttavia il mobbing è un qualcosa di diverso dal puro stress lavorativo. Il dottor Harald Ege , tra i massimi esperti in materia, ha proposto la seguente definizione di mobbing, che è stata accettata dal testo unico del Senato Italiano.

“Il mobbing è una situazione lavorativa di conflittualità sistematica persistente ed in costante progresso, in cui una o più persone sono oggetto di azioni ad alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in posizioni superiore, inferiore o di parità con lo scopo di causare alla vittima danni di vario tipo e gravità. Il mobbizzato si trova nell’impossibilità di reagire adeguatamente a questi attacchi e, a lungo andare, accusa disturbi psicosomatici, relazionali e dell’umore che possono portare anche ad invalidità psicofisica permanente.” (Ege, 2002)

Questa definizione racchiude i parametri principali necessari affinché si possa dire se un conflitto lavorativo possa essere considerato mobbing (e quindi intentare eventualmente una causa per risarcimento) oppure no. Si parla, infatti, di “situazione lavorativa” (vale a dire che il mobbing deve svolgersi sul mondo del lavoro); si accenna al problema della frequenza e della durata delle azioni ostili (deve essere sistematica e persistente); della tipologia di azioni che devono essere compiute verso la vittima ; del fatto che debba essere presente un dislivello tra gli antagonisti (la vittima deve, infatti, essere in posizione costante di inferiorità); l’importanza del costante progresso del fenomeno (il mobbing è, infatti, un processo in continua evoluzione); infine dell’intento persecutorio che il mobber deve avere verso il mobbizzato. Partendo da queste premesse, il dott. Ege ha sviluppato un accurato test in grado di stabilire se, a seconda delle situazioni, sia stato effettuato o meno mobbing verso una determinata persona.

Le conseguenze del mobbing comportano gravi disagi non solo per la persona mobbizzata ma anche per l’azienda e verso la società in cui viviamo.
La vittima, infatti, ci rimetterà in diversi ambiti della propria vita privata, come la salute, l’autostima, il tono dell’umore e rispetto ai rapporti con la propria famiglia. L’azienda, d’altra parte, avrà influenze negative oltre che sul clima organizzativo , sulla produttività (è stato calcolato un calo nel rendimento della vittima dell’80%, le assenze per malattia vanno comunque pagate così come il suo sostituto), sulla reputazione aziendale e quindi sulla sua professionalità.

La società, invece, vedrà peggiorate le relazioni interpersonali (la gente tende a portare il conflitto privato al di fuori dal contesto lavorativo e a sfogarsi su ciò che la circonda) ma anche un costo dal punto di vista economico (non solo la persona se ottiene il prepensionamento smetterà di pagare i contributi per la pensione ma inizierà fin da subito a percepire una pensione di invalidità).

Benché non vi siano soluzioni assolute in grado di fermare il mobbing, sono state proposte dal dott. Ege una serie di soluzioni possibili per prevenire questo fenomeno. L’individuo potrebbe trarre benefici da un’accurata informazione su cosa sia il mobbing e come combatterlo, a chi rivolgersi, oltre che a una serie di corsi personalizzati su come difendersi dalle accuse verbali, al fine di imparare come e quando rispondere alle domande senza cadere nelle trappole dell’emotività.

Le aziende dovrebbero cercare di prevenire la diffusione del mobbing, perché loro stesse ne subiscono le conseguenze (La Volkswagen nel 97 ha fatto una ricerca interna secondo la quale si è stimato un costo di 150 milioni di euro solo per compensare il basso rendimento dei suoi lavoratori).
Quest’operazione di prevenzione può avvenire innanzi tutto tramite l’informazione sui costi e disagi causati dal mobbing, in secondo luogo con l’installazione di un “conflict manager ”, una persona in grado di gestire i conflitti che emergono in grado di indicare come trasformare l’energia distruttiva del conflitto in energia positiva.

La società dal canto suo dovrebbe incentivare i processi di informazione, sensibilizzazione e divulgazione e preparare operatori del sociale e professionisti in grado di aiutare vittime ed aziende a meglio rapportarsi al problema mobbing.

Luca Mazzucchelli

Bibliografia: Ege, Harald, Mobbing: conoscerlo per vincerlo ,Franco Angeli Editrice, pp. 175, euro 15,00

 

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