Ecco quando il pessimismo è come il colesterolo (buono)
Ecco quando il pessimismo è come il colesterolo (buono)
Il mio parere: sembra che il pessimismo, come il colesterolo buono, sia stato sdoganato da un gruppo di studiosi che ne ha scoperto il ruolo efficace sul lavoro, proprio in quello che in teoria sarebbe il regno dell’ottimismo a tutti i costi, almeno come filosofia aziendale.
Voto all’articolo 7/10
Tratto dall’articolo:
“Ci sono cattivi pensieri che fanno stare bene. Funzionano: rendono la vita paradossalmente più serena, preparano al peggio e a gestirlo, e alla fine producono risultati.
È un pessimismo che dà successo, anche in azienda. Un pessimismo che rende felici i suoi portatori, i colleghi, i capi. E perciò è da prendere con le pinze, soppesato e analizzato: come il colesterolo, i pensieri negativi possono dare benefici ma anche essere molto pericolosi per la salute dell’ufficio intero.
Da anni il mondo del business è dominato dal mito del «pensare positivo»: darsi obiettivi ambiziosi, lottare per raggiungerli a tutti i costi, alzare sempre l’asticella e credere, fino in fondo, che andrà tutto bene.
Ne ha scritto qualche tempo fa Oliver Burkeman sul Wall Street Journal, in un articolo intitolato «The useful power of negative thinking», l’utile potere del pensare negativo.
Il titolo ricorda molto da vicino una frase famosa di Hegel, quella dell’«immane potenza del negativo», che è – dice – «l’energia del pensare»; insomma la forza vera (lo spirito, per lui) non è quel positivo semplicistico che «distoglie lo sguardo dal negativo» bensì «lo guarda in faccia».
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