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Flessibilità: come allenarla – intervista a Stefano Gheno

Flessibilità: come allenarla - intervista a Stefano Gheno
Psicologia / Interviste

Flessibilità: come allenarla – intervista a Stefano Gheno

Flessibilità: come allenarla – Intervista a Stefano Gheno – A cura di Luca Mazzucchelli
Flessibilità: come allenarla - intervista a Stefano GhenoStefano Gheno dopo la laurea si è specializzato in psicologia del lavoro presso l’Università Cattolica di Milano. Da più di 20 anni lavora come consulente nel campo dello sviluppo delle risorse umane, occupandosi prevalentemente di formazione e di ricerca su tematiche dell’apprendimento degli adulti e dello sviluppo di competenze e del potenziale. Insegna Psicologia delle risorse umane presso l’Università Cattolica, è socio di diverse società scientifiche e professionali (Associazione Italiana di Psicologia, Società Italiana di Psicologia di Comunità, Società Italiana di Psicologia Positiva, Associazione Italiana Formatori) ed è autore di oltre 50 pubblicazioni nell’ambito delle discipline psico-pedagogiche e organizzative. Nel 2010 ha pubblicato La formazione generativa.

 

Indice

00:49 “Il vento non spezza gli alberi flessibili” Vale anche per le persone?

02:01 Flessibilità e resilienza

03:58 Cosa ci permette di essere flessibili oggi.

06:15 Si può imparare ad essere flessibili?

07:15 Alcuni esercizi per potenziare la flessibilità

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Sbobinatura intervista

Luca Mazzucchelli: Un saluto a tutti da Luca Mazzucchelli, oggi un’intervista in cui parleremo di flessibilità funzionale. Insieme a me c’è Stefano Gheno che è psicologo del lavoro, formatore, consulente di imprese e organizzazioni sociali. Stefano insegna psicologia delle risorse umane in Università Cattolica qui a Milano. Nel nostro paese  è fra i principali sviluppatori del costrutto di self empowerment, è tra i fondatori della società italiana di psicologia positiva di cui è stato Presidente, ha scritto diversi libri tra cui l’ultimo è La formazione generativa. Grazie Stefano per essere qui oggi.

Stefano Gheno: Grazie a te dell’invito, è sempre un piacere

 

“Il vento non spezza gli alberi flessibili.” Vale anche per le persone?

LM: Preparando questa chiacchierata Stefano ti accennavo un aforisma che ogni tanto io tiro fuori se si parla di flessibilità che è “Il vento non spezza gli alberi flessibili”. Mi hai dato un parere metà buono metà negativo su questo aforisma ….

SG: Sicuramente è vero che il vento non spezza gli alberi flessibili, io ho lavorato per tanti anni in Siberia e lì ci sono le betulle che sono proprio un’ emblema di questo: arriva la neve, metri di neve, si piegano ma poi rispuntano fuori perché si raddrizzano, eccezionali. E’ una metafora molto bella della flessibilità, secondo me va molto bene con gli alberi, con gli esseri umani porta dentro un rischio, il rischio della mimesi, del fatto che tu consideri la flessibilità come un adattamento reattivo. Le circostanze sono sfavorevoli, impegnative e allora piuttosto che rispondere reagisci adattandoti. Questo secondo me porta dei rischi rispetto alla tensione, all’auto sviluppo che rientra invece in quel concetto di flessibilità funzionale di cui mi piacerebbe appunto dialogare con te.

 

Flessibilità e resilienza.

LM: Che rapporto c’è tra la flessibilità e l’altro costrutto che è la resilienza di cui oggi si parla sempre di più.

SG: Beh oggi resilienza è una parola di moda e quindi come tutte le parole di moda magari è anche un po’ abusata, però per altri versi è la vera competenza. Resilienza vuol dire riuscire a mantenere la propria forma, la propria struttura anche in condizioni o circostanze fortemente avverse, addirittura traumatiche e catastrofiche. Resilienza è stata per lungo tempo intesa come una caratteristica statica della persona, una sorta di corazza che ti proteggeva; oggi si preferisce interpretarla in maniera relazionale, come un processo di adattamento positivo all’ambiente. In questo adattamento positivo la flessibilità funzionale è un ingrediente direi indispensabile.

LM: In questo periodo di crisi forse più che precedentemente …

SG: Certo perché oggi la condizione di crisi non è più un evento, è una circostanza strutturale. Io chiamo questo tempo come il tempo delle incertezze strutturali e quindi la gestione dell’incertezza è una competenza primaria, non è più un optional e questo si vede molto bene negli ambiti di vita in cui ci sono delle transizioni importanti, ad esempio la transizione al lavoro, tutto il tema dell’occupabilità, sia relativo ai giovani che entrano nel mercato del lavoro, sia a quelli che devono mantenere una posizione funzionale positiva all’interno del mercato del lavoro, tutti hanno questo problema: gli cambia il mondo intorno con dei ritmi assolutamente inattesi, questo non è più un momento ma è la circostanza stabile in cui devono imparare a nuotare, il mare in cui si deve imparare a nuotare oggi.

 

Cosa ci permette di essere flessibili oggi.

LM: Cosa ti permette di essere flessibile oggi?

SG: Per essere flessibile nel senso che gli attribuivo prima secondo me ci sono alcune cose, alcune caratteristiche, alcuni ingredienti. Sicuramente ad esempio avere un senso di direzione, di scopo nella vita è una condizione fondamentale. Avere una certa confidenza nella propria efficacia rispetto alla possibilità di percorrere i sentieri della vita è un’altra e poi c’è il mio grande amore che è il sentimento di potere, cioè il fatto di sentirsi dotato di possibilità, anzi direi che quest’ultimo è l’ingrediente più importante perché la nozione di pluri possibilità, la convinzione di essere in un mondo che è dotato di ampie possibilità rispetto a cui muoversi è qualche cosa che ti permette una flessibilità che non è un disconoscimento del proprio sé, non è una rinuncia alla propria identità.

LM: E’ però vero che rispetto a queste tante possibilità che abbiamo alcune cose dipendono da noi e altre forse dagli altri …

SG: Certo e quindi è molto importante distinguerle e riconoscerle . Molto spesso noi non abbiamo a disposizione sufficienti energie per avviare questo processo di flessibilità funzionale perché le concentriamo su cose su cui non abbiamo una reale possibilità di esercitare influenza […]. L’altro elemento però che vorrei segnalare è che comunque noi possiamo intervenire in maniera positiva sulla realtà, possiamo porci in una posizione di flessibilità funzionale se partiamo da un’ipotesi positiva sulla realtà stessa. Se invece noi viviamo la realtà come un nemico, per esempio queste circostanze anche caotiche, non immediatamente comprensibili, se noi le  viviamo come nemici ancora una volta le nostre energie saranno assorbite da una difesa nei confronti di questa realtà che però è data quindi c’è poco da fare, mentre invece noi dovremmo pensare di concentrarle sul nostro scopo, sulla nostra finalità, sulla nostra direzione.

 

Si può imparare ad essere flessibili?

LM: Si può quindi imparare ad essere flessibili?

SG: Sì, secondo me si può imparare ad essere flessibili, ci sono alcune cose che noi possiamo fare per allenarci ad esempio provare a sviluppare quegli elementi, quelle caratteristiche, quelle risorse direi è più giusto chiamarle così, che concorrono alla nostra flessibilità, alla nostra capacità di adattamento positivo, il sentimento di potere. L’elemento propedeutico a questa risorsa è a mio avviso allenarsi sul desiderio. Il desiderio è l’elemento che esistenzialmente e anche psicologicamente in seconda battuta produce energia e non la sottrae, quindi imparare a riconoscere, a valorizzare, a perseguire i propri desideri è un modo per allenarsi a questa flessibilità funzionale e poi possiamo anche pensare a degli esercizi …

LM: Volentieri …

 

Alcuni esercizi per potenziare la flessibilità.

SG: A me vengono in mente due cose: la prima è relativa al fatto di riconoscere questa pluri possibilità  e su questo i grandi maestri erano gli psicologi della Gestalt, che quando studiavano la percezione lavoravano proprio sul fatto che la realtà è data, gli elementi della realtà sono quelli che sono, ma tu puoi ristrutturare il tuo campo percettivo per imparare a vedere anche delle cose altre e la cosa che a me ha sempre molto colpito è che loro lavoravano molto su queste illusioni ottiche, su questi quadri che potevano permettere una dissonanza percettiva, un cambiamento di prospettiva con l’idea che tu possa imparare allenandoti a passare da un punto di vista ad un altro. Questo metaforicamente e simbolicamente è un buon esercizio preliminare. Distinguiamo gli elementi che compongono la realtà al senso che io ricostruisco della realtà, perché a me serve lavorare più sul senso che sui singoli elementi che spesso non dipendono da me.

Un esercizio che ciascuno di noi può fare e lo può fare sia riferito alla propria storia passata e alla propria storia futura è lavorare sui bivi. Provate ad immaginare di rileggere la propria storia come se i cambiamenti, le cose che sono successe, i momenti importanti, i tag della nostra storia sono rappresentati sotto forma di un bivio, un po’ Sliding Doors. Io sono andato di qua, ma se fossi andato di là che cosa sarebbe successo? Questo relativamente alla storia passata ci abitua a pensare che non è detto che la nostra soluzione sia l’unica possibile e non è detto che sia necessariamente la migliore, questo è coerente a quella nozione di pluri possibilità. Proviamo a pensare questo stesso esercizio per il futuro, una cosa che noi spesso facciamo fare la chiamiamo “nel paese sconosciuto”, noi ci ritroviamo in un paese sconosciuto. I motivi per cui ci siamo sono diversi per ciascuno, si tratta di ricostruire un progetto di vita, di ricostruire un percorso. Che strada intraprendo? Se io mi alleno a riconoscere i passi di questa strada un po’ alla volta posso provare ad allargare le opzioni. Un po’come quando vado in montagna: ho imparato un sentiero, ma se io ho lo sguardo ben presente sulla meta magari dopo un po’ riesco a vedere dei sentieri alternativi che mi permettono comunque di raggiungere il mio scopo, anche se la strada che sto facendo non è percorribile. Questa è la flessibilità funzionale e questo è un buon esercizio.

LM: Chiarissimo … Stefano grazie mille per queste pillole e questi esercizi. Ringrazio Stefano anche perché i miei visitatori più antichi sanno che tu sei stato uno dei primi a prestarsi a fare da cavia quando ancora facevo le interviste via Skype, fra l’altro l’intervista che avevamo fatto presentava un esercizio sul self empowerment, l’esercizio della margherita delle possibilità è stata visto tantissime volte e se vi interessa approfondire un po’ questi temi legati alla psicologia positiva e al self empowerment andatevelo a vedere. Un’indicazione per chi avesse ulteriore curiosità ad approfondire quello che fai su You Tube Stefano ha un proprio canale che sta curando quindi andate a dare un occhio. Grazie ancora Stefano.

SG: Grazie a te, grazie dell’ospitalità e arrivederci a tutti.

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