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Il paradosso del tempo, di Philip Zimbardo e John Boyd è un libro che mi ha veramente stupito ed è stato capace di farmi vedere in modo diverso molte delle dinamiche che quotidianamente osservo sia a livello individuale, sia su scala sociale.
Due parole su Zimbardo, che è a mio avviso uno dei 5/10 psicologi viventi al mondo più importanti, è diventato noto per i suoi esperimenti alla prigione di Standford nei quali studiava perché le persone diventano improvvisamente cattive.
In rete puoi trovare diversi suoi speech ai leggendari TED, e se hai voglia di approfondire il tema della violenza dal suo punto di vista guardati anche l’intervista che mi ha direttamente concesso e di cui – lo ammetto – vado molto orgoglioso, è in inglese ma con i sottotitoli in italiano.
Tornando al libro, l’idea centrale è che ognuno di noi abbia un proprio particolare atteggiamento verso il tempo, che loro chiamano “orientamento temporale” e che questa nostra “psicologia del tempo” influenzi non solo la vita dei singoli, ma proprio delle nazioni.
Tre delle cose che mi sono rimaste da questo libro
Libro importante, da leggere ognuno con il suo ritmo, io l’ho divorato in due giorni ma dopo ho dovuto rileggerlo perché è molto denso. Consigliato a molti, a chi vuole stare meglio con se stesso o con gli altri, ma appunto anche a chi vuole avere una nuova chiave di lettura dei fenomeni macro sociali che in questi anni stanno sempre più prendendo il sopravvento anche sulle cronache.
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