Ipnosi, amore e martelli
26 Ottobre 2013 2016-07-27 10:11Ipnosi, amore e martelli
Il Professor Guglielmo Gulotta ha aderito con entusiasmo alla possibilità di incontrare per alcune ore dei colleghi psicologi, per dare loro alcuni spunti di riflessione sul tema dell’ipnosi.
L’articolo che segue vuole essere una sintesi sistematizzata di alcuni dei concetti chiave che Gulotta ha toccato durante alcune di queste serate organizzate dall’Associazione Giovani Psicologi della Lombardia.
Ipnosi e psicologi
Quello dell’ipnosi è un argomento che suscita spesso curiosità tra i non addetti ai lavori, ma che non gode in realtà tra gli psicologi una fama felice.
Questo è vero nonostante siano molti gli approcci psicoterapeutici che devono molto all’ipnosi: pensiamo alla psicoanalisi e ai primi studi di stampo ipnotico che Freud fece con Breuer e Charcot, o alla psicoterapia beavioristica e all’origine dei lavori di Pavlov e Skinner, o ancora all’approccio strategico, che ha un grande credito nei confronti di quello che è considerato il più grande terapeuta di tutti i tempi: Milton Erikson (nel video di seguito come Erikson intendeva il ruolo dello psicologo).
https://www.youtube.com/watch?v=pafHNx1AEow
In queste righe cercheremo di mettere a fuoco cosa sia l’ipnosi e perché lo psicologo ha vantaggi a utilizzarla nel suo lavoro.
L’ipnosi come l’amore…
Se pensiamo all’ipnosi, sono molte le domande che spontaneamente vengono in mente da porre. Ad esempio:
- $1· Tutti possono ipnotizzare?
- $1· Tutti possono essere ipnotizzati?
- $1· Quanto tempo ci vuole per ipnotizzare?
- $1· Quali i metodi migliori per ipnotizzare?
- $1· Si può, ipnotizzando qualcuno, fargli fare qualcosa contro la sua volontà? O fargli fare qualcosa che non avrebbe fatto senza la suggestione ipnotica?
Sono domande alle quali, a ben vedere, è impossibile dare una risposta univoca.
Per provare a fare alcune riflessioni intorno a loro, però, possiamo partire dal fatto che l’ipnosi è un rapporto interpersonale basato sulla comunicazione, per cui una persona (l’ipnotizzatore) compie manovre comunicazionali nei confronti di altro soggetto (l’ipnotizzando) in modo che la volontà del primo diventi motivazione per il secondo.
Questo tipo di comportamento, se ci pensiamo, non è solo tipico dell’ipnosi, ma in generale è presente in alcuni rapporti interpersonali. Pensiamo al corteggiamento, da noi tutti provato in maniera talvolta passiva talvolta attiva, e a come sia un rapporto comunicativo in cui il corteggiante compie manovre motivazionali nei confronti dell’altro, tali per cui le di lui aspettative sollecitino motivazioni nel potenziale partner.
Proviamo allora a riprendere le domande che prima ci siamo posti sull’ipnosi riadattandole al concetto di innamoramento, e verifichiamo quanto poco sia agevole dare loro una risposta “certa”.
Tutti possono fare innamorare qualcun altro?
Sì, anche se ci sono persone forse più dotate di altre.
Ci sono tecniche specialistiche per fare innamorare?
Beh, che ci siano delle ricette no, ma delle cose da fare o da non fare forse sì.
Quanto tempo ci vuole per ottenere questo risultato?
Dipende… c’è il colpo di fulmine ma ci sono volte che una vita non basta.
Ci sono persone più esposte all’innamoramento?
Ci sono persone che in certi momenti della loro esistenza sono più fragili o più disposte e in altri invece no. È difficile dire che ci sia un tratto di innamorabilità, ma c’è forse uno stato di innamorabilità, come anche uno stato di ipnotizzabilità: contesti, elementi e relazioni che possono produrre quel tipo di risultato.
Posso indurre la mia amante a fare cose ai danni di terzi?
Le cronache e le statistiche dicono di sì.
Se la condizione dell’innamoramento è vista favorevolmente, non si può certo dire lo stesso dell’ipnosi, vissuta con parecchie resistenze dai più forse perché capace di risvegliare in noi la paura di perdere il controllo (caratteristica anche questa in realtà presente nell’innamoramento).
Immagination au pouvoir (l’immaginazione al potere)
Se raccontassi a una platea un episodio della mia vita in cui mi sono imbattuto in una gustosa fetta di torta raccontandone la forma, descrivendone il suo sapore e facendo immaginare all’ascoltatore di mangiarla affamato, è probabile che l’organismo di chi ascolta inizi a reagire a queste immagini: verosimilmente aumenterà la salivazione, magari lo stomaco borbotterà e verrà voglia di dolce.
Se invece dovessi raccontare di come in alcune culture sia normale mangiare scarafaggi, entrando nei particolari della forma dell’insetto, del rumore che si può sentire a morderlo, del gusto che chi li mangia riporta di assaporare, allora è probabile che chi ascolta sia indotto a provare un certo disgusto.
Questi brevi esempi mostrano bene come, usando alcune specifiche parole e accompagnandole con una serie di elementi paraverbali e non verbali utili a far sì che nella mente dell’interlocutore si visualizzi l’oggetto di cui sto parlando, sia possibile far provare sensazioni viscerali nell’interlocutore, emozioni e reazioni da me prevedibili con discreto anticipo.
Se immaginiamo alcuni possibili scenari, il nostro organismo si comporta come se in quel momento fosse lì presente, come se lo scenario fosse reale: pensare alla persona amata, in certi momenti, può mettere in moto il nostro corpo anche in sua assenza, come se ci fosse.
Appurato che attraverso un linguaggio semplice in cui si descrivono le cose sotto il profilo visivo, uditivo, gustativo e tattile, sia possibile fare provare agli altri delle sensazioni congrue con l’immaginato, possiamo con convinzione affermare una cosa: le parole che utilizziamo in una conversazione sono capaci di fare provare all’interlocutore alcune sensazioni precedentemente stabilite.
Il pendolo dell’ipnotista e il suo insegnamento
Mai sentito parlare dell’effetto ideomotorio?
L’effetto ideomotorio è una reazione inconscia generata dalla mente che produce un effetto meccanico sul corpo, e serve a dimostrare scientificamente fenomeni medianici apparentemente inspiegabili. Il termine ideomotorio infatti si compone di due significati: il primo è “idea” o di “relativo all’idea”, il secondo “motorio”, riguarda la trasmissione del moto. Ideomotorio si riferisce quindi a un’idea che genera movimento, movimento generato da un’idea (fonte: wikipedia).
L’esperimento del pendolo di Chevreul, mostra concretamente l’esistenza di questo principio
Disegnamo un punto su di un foglio, poi con un bottone ed uno spago creiamo un pendolo. Teniamo sospeso il bottone sopra il punto del foglio di carta e ci facciamo una domanda tipo: “Il bottone è di colore nero?” oppure “oggi pioverà?”. Per risponderci “sì” il pendolo dovrà oscillare in senso orario, e per dire “no” dovrà farlo in senso antiorario. Mentre terremo il pendolo sospeso senza appoggiare nessuna parte delle braccia al tavolo, noteremo che esso risponderà alla nostra domanda. Ciò che abbiamo appena sperimentato è l’effetto ideomotorio (anche conosciuto comeeffetto Carpenterdal medicopsicologoingleseWilliam Benjamin Carpenterche studiò il fenomeno nel 1852), un’azione autogenerata inconsapevole; poiché non si ha l’impressione di averli generati volontariamente, si può essere sinceramente convinti che una forza esterna ne sia responsabile (fonte wikipedia).
Ciò che da un punto di vista psicologico appare essere molto interessante, è che i movimenti del pendolo bypassano la volontà e la coscienza dell’individuo, e accedono direttamente all’area cognitiva e immaginativa. Perché questa cosa ci riguarda da vicino?
Martelli, chiodi, ipnosi e immaginazione: tiriamo le somme
Mettendo insieme i concetti fin qui discussi, possiamo a questo punto affermare che se sappiamo lavorare con l’immaginazione dell’altro possiamo fargli provare delle determinate emozioni decise in precedenza, e agire anche sulla sua muscolatura …ovviamente sempre con il consenso del diretto interessato.
Il punto ora è comprendere come questo possa diventare uno strumento utile al cambiamento e alla crescita del benessere degli individui.
“Se l’unico strumento che conosci è un martello, vedrai tutti i problemi come se fossero chiodi” (A. Maslow)
Questa frase di Maslow, provocatoria solo in minima parte, sottolinea che l’essere umano è portato a interpretare la realtà in base ai mezzi che ha a sua disposizione.
Questo concetto deve in qualche modo essere chiaro alle persone con cui lo psicologo lavora, perché occorre far comprendere che l’utilizzo che noi facciamo della nostra immaginazione costruisce la realtà nella quale viviamo (e che spesso ci tocca poi subire).
Immaginiamo un dialogo tra paziente e terapeuta che – anche in una primissima seduta – potrebbe articolarsi in questo modo:
T: lei ha una buona immaginazione, vero?
P: sì abbastanza…
T: bene. Siccome nella vita non sono mai le cose che ci fanno soffrire ma come noi le viviamo, una persona con la sua immaginazione è probabile che possa di questo soffrire: quando accadono cose anche piccole e io inizio a pensare alle sue conseguenze negative, ne posso immaginare veramente parecchie. Non per niente gli artisti sono persone che spesso soffrono.
Si può allora immaginare di strutturare un lavoro assieme alla persona orientato ad imparare a utilizzare in maniera fruttuosa la capacità immaginativa: non per creare da piccoli eventi delle grandi catastrofi, ma per vederne gli aspetti positivi e rinforzando le sensazioni più piacevoli.
Per fare questo si può, ad esempio, iniziare con il mostrare alla persona i concetti prima approfonditi: raccontandogli alcune storie in maniera dettagliata possiamo fargli notare come evochiamo in lui sensazioni piacevoli o sgradevoli, oppure utilizzando con lui il pendolo per fargli vedere come i nostri muscoli si muovano al di fuori della nostra volontà in base a ciò che immaginiamo.
Stabilito che le cose sono quel che sono in base a come noi le vediamo, allora la persona riterrà – correttamente – che potrà essere aiutata a modificare prima la sua percezione e quindi la sua realtà: se dimostriamo alla persona che l’immaginazione può dominare risposte anche esistenziali (disgusto e piacere del cibo lo sono) dell’organismo, la conclusione è che dunque queste possono essere governate con l’immaginazione.
E voi che ne pensate? Credete nel potere positivo dell’ipnosi?
Fatemi avere i vostri feedback!
Luca Mazzucchelli