Leggere un romanzo cambia il cervello
Ventuno studenti sono stati sottoposti per 19 giorni a una risonanza magnetica funzionale. Per i primi 5 giorni a mente sgombra, poi per 9 giorni impegnati nella lettura di “Pompei” di Robert Harris: “i cambiamenti neurologici che abbiamo rilevato ci testimoniano come la lettura di un romanzo ci può trasportare nel corpo del protagonista”.
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Del resto, già nel 2006 una ricerca aveva testimoniato lo stretta relazione fra mente e suggestioni grafologiche, dimostrando come leggere le parole “caffè” o “profumo”, stimolasse immediatamente la parte del sistema celebrale connessa al senso dell’olfatto.
La novità, stavolta, sta nel tentativo di dimostrare come questi effetti non si limitino al tempo della lettura, ma abbiano delle conseguenze strutturali su chi si dedica a un buon libro.
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“I cambiamenti neurologici che abbiamo rilevato ci testimoniano come la lettura di un romanzo ci può trasportare nel corpo del protagonista” – ha detto Gregory Berns, uno degli autori dello studio – “sapevamo già che nelle buone storie si possono vestire i panni di qualcun altro, in senso figurato. Ma ora ci accorgiamo che, quando questo avviene, qualcosa accade anche dal punto di vista biologico”.
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I lettori attraverso le pagine di un romanzo, sarebbero addirittura in grado di sviluppare quella che gli autori della ricerca chiamano “emboded semantics”, un processo celebrale in cui pensare un’azione rispecchia la connettività che si verificherebbe se l’azione fosse realmente svolta. In parole povere, pensando a una nuotata si potrebbero innescare le stesse connessioni neurologiche di una sessione di nuoto in piscina.
Leggere storie è capace di modificare la connettività in alcune aree del cervello.
Questa notizia, a mio avviso, non solo avvalora l’importanza di leggere il più possibile, ma anche il potere curativo delle storie e dei racconti.
Chi mi segue sa quanto insisto sul ruolo dello psicologo quale “ascoltatore di storie” in prima istanza, e poi strumento per attribuire loro un diverso significato.
A questo proposito ecco un breve video dove spiego l’importanza dell’ascolto in terapia, prendendo la storia di Ulisse alla corte dei Feaci come pretesto per fare alcune riflessioni che spero possano essere utili.
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