Viaggio nella mente di un atleta
19 Ottobre 2015 2016-07-25 23:14Viaggio nella mente di un atleta
Certamente gli atleti hanno alle spalle anni e anni di allenamenti dedicati a costruire la forza muscolare di cui dispongono e a padroneggiare movimenti complessi, tutti step necessari per sviluppare corpi capaci di performance incredibili.
Ma i segreti delle prestazioni eccezionali degli atleti professionisti si possono trovare anche nei loro cervelli. L’allenamento intensivo cui si sono sottoposti va infatti a modificare significativamente il loro cervello, e un numero crescente di studi di neuroimaging stanno cominciando a rivelare i cambiamenti cerebrali associati a diversi tipi di sport.
Struttura del cervello
Alcune ricerche mostrano che l’allenamento può modificare significativamente la struttura del cervello.
Nel 2011, un team di ricercatori cinesi ha rilevato che la corteccia cerebrale di sub professionisti risultava avere, in alcune regioni, uno spessore maggiore rispetto a quella di coetanei principianti (Wei el al., 2011). Queste regioni includono il giro ippocampale destro, implicato nella navigazione spaziale e nell’orientamento, il solco temporale superiore, noto per essere coinvolto nella percezione del movimento biologico, e la corteccia orbitofrontale destra.
L’allenamento può avere anche conseguenze significative sui collegamenti tra le aree cerebrali, dunque sui fasci di sostanza bianca. Uno studio pubblicato nell’anno 2012 ha utilizzato la metodica DTI (Diffusion Tensor Imaging) per confrontare soggetti cinture nere di karate e principianti, e ha trovato differenze significative nella struttura microscopica dei collegamenti neurali all’interno della corteccia motoria primaria, che controlla i muscoli, e del cervelletto, il quale svolge un ruolo importante nel coordinare i movimenti. Come conseguenza, i karatechi professionisti avrebbero una maggiore abilità di sincronizzare i movimenti di spalle e polsi, in modo da poter generare più forza durante l’esecuzione dei pugni (Roberts et al., 2013).
Funzionamento cerebrale
L’allenamento è in grado di modificare non solo la struttura, ma anche il funzionamento del cervello.
Ad esempio, in un esperimento di risonanza magnetica funzionale (Fourkas et al., 2008), è stato chiesto ad un gruppo di tennisti professionisti di immaginare i movimenti di esecuzione di un dritto: la loro corteccia motoria presentava una maggiore attivazione rispetto a soggetti che non avevano mai praticato quello sport. Tale maggiore attivazione potrebbe essere responsabile di una aumentata capacità di controllare i muscoli necessari per eseguire l’azione. Quando agli stessi due gruppi veniva chiesto di immaginare un movimento di golf o di tennis da tavolo non vi erano grandi differenze nell’attivazione cerebrale. Similmente, i tennisti professionisti riuscivano a visualizzare molto più facilmente rispetto ai principianti una racchetta da tennis come estensione del proprio corpo, ma non altre attrezzature sportive.
Altri studi mostrano come le immagini mentali possano potenziale i processi di apprendimento di abilità: almeno in alcuni casi, eseguire mentalmente i movimenti di un azione può essere efficace tanto quanto effettuare realmente il movimento (Debarnot et al., 2014).
Cervello più efficiente?
Gli studi finora presentati dimostrano come l’allenamento sia in grado di aumentare le dimensioni di alcune regioni del cervello, o la loro attivazione. Questi cambiamenti si verificano nel corso del tempo e, man mano che avvengono, le prestazioni degli atleti migliorano.
Non tutte le ricerche, tuttavia, vanno in questa direzione: alcune sembrano dimostrare che le aree coinvolte nelle prestazioni sportive hanno una dimensione o una attivazione minori.
Ad esempio, in un altro studio di risonanza magnetica funzionale del 2014, un gruppo di ricercatori giapponesi ha confrontato l’attività cerebrale di calciatori professionisti e principianti mentre attuavano movimenti identici dei piedi. Sorprendentemente, i ricercatori hanno scoperto nei professionisti una minore attività nella corteccia motoria rispetto ai non esperti. Questo dato fa supporre che il cervello di giocatori esperti, avendo bisogno di meno attivazione per completare la stessa performance, lavori più efficacemente (Naito et al., 2014).
In questo senso, un ulteriore corpus di ricerche sostiene l’ipotesi che l’allenamento vada ad implementare le abilità mentali degli atleti. Ad esempio, uno studio ha mostrato che gli atleti professionisti sono significativamente più bravi nel processare scene visive complesse rispetto agli amatori di alto livello, i quali a loro volta sono significativamente meglio dei principianti. Ciò potrebbe essere connesso al fatto che l’allenamento degli atleti si svolge solitamente in ambienti dinamici e imprevedibili, e necessita pianificazione continua e processo decisionale veloce (Faubert 2013).
Conclusioni
Gli studi presentati in questo articolo sembrano suggerire la capacità di training sportivi di generare importanti cambiamenti a livello cerebrale.
Tuttavia è anche possibile che siano le differenze individuali nell’anatomia o nella fisiologia del cervello, e nella genetica, a predisporre alcune persone, e non altre, a diventare atleti professionisti. Solo studi longitudinali, condotti su soggetti che vengono seguiti per mesi o anni ed esaminati diverse volte, possono essere in grado di comprendere se tali modifiche siano dovute all’allenamento, oppure se configurazioni cerebrali preesistenti candidino alcuni soggetti a divenire atleti professionisti.
Vai alla fonte in lingua originale
Grazie alle metodiche di neuroimaging – risonanza magnetica (MRI), risonanza magnetica funzionale (fMRI), positron emission tomography (PET), diffusion tensor imaging (DTI) etc – siamo oggi in grado di esplorare a fondo l’anatomia e la fisiologia del cervello, e di capire cosa accade a livello cerebrale in conseguenza o durante attività specifiche.
Le domande a cui cercherà di rispondere l’articolo di oggi sono: come è fatto il cervello di un atleta professionista? I segreti delle sue performance eccezionali sono nei muscoli o nel cervello?
In questa bella intervista che ho fatto al mitico Pietro Trabucchi, invece, approfondisco il tema della resilienza, al centro delle performance dei super atleti dei giorni d’oggi.
https://www.youtube.com/watch?v=P6oALbNqPeE