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Psicologia: vantaggi e convenienza

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Psicologia: vantaggi e convenienza

David lazzariDavid Lazzari è specialista in Psicosomatica ed in Psicologia della Salute, dirige il Servizio di Psicologia Ospedaliera dell’Azienda Ospedaliera “S. Maria” di Terni ed insegna Psicologia Medica presso l’Università degli Studi di Perugia. Svolge attività clinica e di ricerca ed ha al suo attivo numerose pubblicazioni.

E’ impegnato negli organi direttivi nazionali della Federazione Italiana delle Società Scientifiche di Psicologia, della SIPNEI (Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia) e dell’AUPI; dal 1995 è membro dell’ American Psychological Association.

Indice

00:21 Non solo farmaci: il concetto di appropriatezza nella cura.

04:21 Psicologia come garanzia di risparmio e funzionalità: ecco perché.

07:37 Servizio Sanitario Nazionale: una grande risorsa da sfruttare al meglio.

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Organizzazione Mondiale della Sanità

Ordine degli Psicologi Umbria

Servizio Sanitario Nazionale

 

 

Non solo farmaci: il concetto di appropriatezza nella cura.

Luca Mazzucchelli: La psicologia è veramente efficace? E’ una disciplina che può portare vantaggi economici importanti laddove occupi un ruolo di primo piano? Tempo fa ho avuto l’opportunità di ascoltare con piacere ad un convegno proprio su queste tematiche David Lazzari. E’ Presidente della società italiana di psiconeuroendocrinoimmunologia, è responsabile dell’Unità Operativa dell’ Azienda Ospedaliera di Terni ed è Presidente dell’Ordine degli psicologi della regione Umbria. David ha accettato di parlare di questo tema con me, grazie David per essere qui.

David Lazzari: Grazie a te …

LM: Prima domanda: alcuni dei dati che porti sostengono che la cura farmacologica, anche comprensibilmente questo, ma più in generale la presa in carico delle problematiche psicologiche abbia questa tendenza a focalizzarsi molto sulla disfunzione dei circuiti o della biochimica cerebrale.  Mi chiedevo se ci fossero in questa cosa degli effetti collaterali e quali nel relegare la psicologia ad un ruolo più di secondo piano …

DL: Storicamente noi abbiamo un gap dovuto al fatto che la ricerca è stata finanziata in genere, questa non è polemica ma un dato storico, da case farmaceutiche e quindi ha privilegiato certi aspetti della realtà umana piuttosto che altri. Per anni si è pensato che la maggior parte dei disturbi psicologici fosse legata all’assenza o meno di alcuni neurotrasmettitori, adesso questa ipotesi biochimica è stata in parte superata. Abbiamo una visione più integrata, non sono solo i circuiti cerebrali, il cervello è una realtà plastica che risponde continuamente e si trasforma continuamente in relazione alle esperienze che facciamo. Queste esperienze però sono filtrate dalla nostra psiche, dalla nostra mente, dai significati che attribuiamo alle cose. La nostra mente trasforma il cervello e quindi è chiaro che noi abbiamo una realtà di interdipendenza dove non viene prima il cervello e poi la mente, ma le due cose dialogano fra loro si condizionano nel bene e nel male reciprocamente. Intanto bisogna vedere che il malessere e il benessere dipendono da una serie di circostanze, dal rapporto della persona con l’ambiente, dai processi adattativi della persona e quindi vedere anche l’interazione di questi fattori. Capire il disagio e curarlo è un qualcosa che va aldilà semplicemente dei circuiti che hanno la loro importanza, ma sono soltanto un pezzo del ragionamento.

Oggi si parla di appropriatezza nelle cure, appropriatezza significa fare la cosa giusta, fare le scelte giuste e usare gli strumenti giusti. Usare sempre i farmaci come prima scelta in tante situazioni, dove monitorare solo il sintomo non è un goal importante della terapia, è come pensare banalmente di curare i denti con gli analgesici, usare gli antidolorifici per curare i denti. Da questo punto di vista è chiaro, esistono molti studi, che ci dicono che appropriatezza significa a volte aiutare una persona a cambiare alcuni suoi modi di fare, alcuni processi consapevoli o non consapevoli. Ecco perché la terapia non può essere solo farmacologica, ma molto spesso deve essere anche una terapia psicologica. Questo è un concetto fondamentale di appropriatezza perché altrimenti usare solo il farmaco può essere a volte dannoso, perché creiamo delle situazioni di dipendenza. Farmaci si quando servono, doping no.

 

Psicologia come garanzia di risparmio e funzionalità: ecco perché.

LM: Un bellissimo claim, tu sostieni che l’intervento psicologico non sia soltanto efficace e funzionale, ma che permetta anche un risparmio economico importante. Chi ci sta ascoltando penserà: “Ecco è il solito psicologo che porta acqua al suo mulino” . Su quali dati basi queste tue considerazioni?

DL: Intanto c’è da dire che oggi noi stiamo parlando di una psicologia che sempre più si basa sulla ricerca scientifica e sulle evidenze. Tra l’altro all’Ordine Nazionale guido un gruppo di lavoro basato sulla diffusione delle evidenze e sulla misurazione degli esiti degli interventi psicologici [clicca qui per scaricare l’articolo]. Noi abbiamo misurazioni di esiti importanti, […] la tua domanda in realtà è una conseguenza delle cose dette prima.[…]E’ chiaro che se io ho la possibilità di agire quanto più riesco a farlo sulle cause dei processi, tanto più sarò efficace e quindi essendo efficace farò degli interventi che durano di meno. E’ vero che potenzialmente sembra che il farmaco costi meno, ma abbiamo detto che molto spesso non produce un cambiamento e quando si smette di prendere il farmaco le curve ci dicono che progressivamente in genere i problemi tornano. L’effetto della psicoterapia misurato nel tempo, cioè una psicoterapia che termina e osservo quello che succede un anno o due anni dopo, vedo gli effetti di un cambiamento duraturo. Ecco perché la psicologia è molto spesso un investimento reale in termini  economici e oggi noi veramente dovremmo porci la domanda: perché noi viviamo in uno stato che dà la possibilità ai cittadini di avere il rimborso dei farmaci per il disagio psichico in molti casi e non rimborsa invece le cure psicologiche? Esiste un paese al mondo che ha fatto questo cambiamento ed è il Regno Unito, qualche anno fa ha varato un programma per assicurare ai cittadini le prestazioni psicologiche ad ampio spettro. Hanno preso una scelta in base al loro National Institute for Health and Care Excellence e in base ai dati hanno convenuto che le terapie psicologiche in molti casi fossero economicamente più convenienti ed appropriate. Non a caso uno degli attori importanti dello studio che ha portato a questa decisione del governo inglese è la London School of Economics, in particolare Lord Lier e sono stati quindi gli economisti ad allearsi con gli psicologi e credo questa la dica lunga.

LM: Hanno più voce in capitolo di noi probabilmente …

DL: Sì e in questo caso ha funzionato il proverbiale pragmatismo inglese, gli inglesi fanno ciò che pensano funzioni.

 

Servizio Sanitario Nazionale: una grande risorsa da sfruttare al meglio.

LM: Sono lungimiranti. Parli molto dei costi causati dai problemi psicologici e dici che gli psicologi del Servizio Sanitario Nazionale possono essere una grande risorsa non sempre utilizzata nel migliore dei modi mi sembra di capire. Come potrebbe essere ottimizzato questo processo?

DL: Per quanto riguarda il discorso dei costi c’è un dato che quando l’ho visto mi è sembrato incredibile. L’Organizzazione Mondiale della Sanità fa una elaborazione importante, una  ricerca internazionale che si chiama burden of diseases cioè i costi della malattia, per vedere quanto costano i problemi di salute alle società nel mondo. Incredibilmente la prima voce di questa burden of diseases riguarda i disturbi psicologici. I disturbi psicologici sono il più grande capitolo di spesa per l’umanità. Oltre ad essere il più grande capitolo di spesa è anche quello meno trattato:  neanche un disturbo su quattro, e parliamo di paesi occidentali dove esiste un sistema di cura diffuso, viene trattato. L’unica voce abbastanza trattata riguarda le psicosi più gravi dove arriviamo a circa il 70/80% del trattamento. Gli altri disturbi come ad esempio la depressione sono sottotrattati e quando trattati lo sono perlopiù farmacologicamente. C’è un grande costo, un grande sottotrattamento di queste cose. Il Servizio Sanitario Nazionale ha un certo numero di psicologi, attualmente sono poco più di seimila come dipendenti di ruolo e poi ce ne sono almeno altrettanti “precari” con vari contratti. Intanto in linea di massima rispetto a questi dati scientifici sono pochi e sono una risorsa mal utilizzata perché non esiste se non in alcune regioni un’organizzazione della psicologia. Gli psicologi sono dispersi in una miriade di servizi normalmente gestiti da altre figure professionali che conoscono relativamente la psicologia e quindi avendo poca voce in capitolo e poca rappresentanza chi decide come è ben organizzato il lavoro difficilmente ha una sensibilità e un approccio psicologico. E’ chiaro che un punto importante è proprio questo: nelle aziende sanitarie dovrebbero esserci dei  coordinamenti e dei servizi di psicologia che mettono insieme da un lato le attività che bisognerebbe fare, i problemi dei cittadini e dall’altro le risorse di cui si dispone per far incontrare domanda e offerta. Attualmente questo discorso è molto poco diffuso, c’è un cattivo utilizzo [del servizio] che non vuol dire che gli psicologi lavorino male, normalmente sono bravi e lavorano bene, però paradossalmente hanno poca voce in capitolo sulla loro attività.

LM: Il vero costo sociale quindi è non investire in psicologia e non investire anche in una struttura che possa rendere la psicologia sempre più funzionale rispetto ai problemi che vengono portati?

DL: Direi di si … siamo di fronte al classico conflitto fra le rendite di posizione e l’innovazione … i processi di innovazione sono sempre difficili perché il cambiamento anche se ha i numeri per essere motivato, anche se è vantaggioso, e noi come psicologi questo lo sappiamo, porta sempre delle grandi difficoltà.

LM: David ti ringrazio molto per questa chiacchierata, ci vediamo alla prossima.

 

DL : Grazie a  te …

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