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Diagnosi: sentenza o processo? parte 1

Rapporto terapeutico

Diagnosi: sentenza o processo? parte 1

Diagnosi psicologicaChe cos’è una diagnosi psicologica?

Che cos’è una diagnosi? E’ davvero utile etichettare i pazienti con termini tipo schizofrenico, borderline o depresso? In che modo può essere utile ai famigliari sapere il nome della malattia che colpisce un proprio caro? Quali sono gli aspetti utili della diagnosi? Si può guarire dalle malattie diagnosticate? Nel corso dei prossimi due articoli cercherò di rispondere a queste domande.

Innanzi tutto occorre fare un breve excursus storico per capire come si è modificato negli ultimi anni il significato ed il valore attribuito alla diagnosi.

In manicomio le diagnosi erano approssimative e sbrigative, formulate solo sulla base dei sintomi più conclamati soprattutto di tipo aggressivo. Non veniva considerata né la storia personale né la sofferenza degli ammalati ma veniva messa in primo piano la funzione primaria dei manicomi di controllo sociale: ci si trovava di fronte a sentenze, a verdetti che spesso sancivano il destino del paziente come un vero e proprio giudizio definitivo ed il destino era spesso l’ingresso in manicomio senza ritorno.

Con la chiusura dei manicomi vi è stata una vera e propria trasformazione nell’approccio al paziente psichiatrico, visto finalmente come persona nella sua interezza e con una propria storia personale spesso segnata da profonde sofferenze, trattato finalmente come un essere umano con una sua dignità e libertà pur nella malattia. Conseguentemente è stato completamente rivisto anche lo stesso concetto di diagnosi arrivando addirittura ad una fase “antidiagnosi”, proprio per sancire il superamento dell’ “etichettamento” del paziente psichiatrico che incideva pesantemente sul suo destino di essere umano e influenzava quindi il suo percorso di vita.

Oggi sono state superate le estremizzazioni di cui sopra e, pur nel pieno rispetto delle innovazioni portate dal superamento dei manicomi, si sono prese le distanze dalle “diagnosi-sentenze” per avvicinarsi ad una concezione della diagnosi come processo, un susseguirsi di fenomeni dinamici, un percorso in via di sviluppo: un´accezione molto più ricca e complessa, secondo un approccio che non trascura ma anzi pone in primo piano il paziente come persona nella sua interezza e valorizza l’importanza del suo coinvolgimento attivo nel percorso diagnostico.

Cos’è una diagnosi?
La diagnosi non è un’etichetta né un intervento puntiforme ma una valutazione complessiva nel tempo, necessaria, anche se non sufficiente, per pianificare ogni tipo di intervento, non solo farmacologico ma anche psicologico e riabilitativo, più o meno indicati a seconda del tipo di patologia. Per questi ultimi trattamenti è indispensabile considerare anche altri elementi che possono essere compresi dopo un´attenta valutazione del paziente nella sua interezza: le risorse pratiche ed emotive, la motivazione e la capacità di elaborazione, le risorse e la disponibilità del nucleo familiare, la rete sociale, la consapevolezza o meno della malattia.

E’ vero che a volte vi possono essere degli errori diagnostici ma bisogna considerare anche la difficoltà della diagnosi in psichiatria perché i disturbi mentali hanno svariate sfaccettature e vi possono essere diverse chiavi di lettura. In questo senso il procedimento diagnostico può essere considerato in parte una scienza, in parte un’arte. Per riconoscere il quadro di una malattia e formulare una diagnosi, un terapeuta esperto non fa affidamento solo sulle sue conoscenze scientifiche ma anche sulla propria esperienza e la propria intuizione.

Nel prossimo articolo cercherò di rispondere a due domande:
Può essere utile ai famigliari sapere il nome della malattia che colpisce un proprio caro? Si può guarire dalle malattie diagnosticate?

Luca Mazzucchelli

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