Verso una psicoterapia online? yes we can!
8 Novembre 2012 2012-11-08 12:08Verso una psicoterapia online? yes we can!
Verso una psicoterapia online? yes we can!
Ho avuto il piacere di partecipare il 28 settembre a un incontro promosso dall’associazione Umanamente che ha affrontato la tematica inerente ai risvolti che l’online potrà comportare nell’esercizio della professione psicologica.
E’ stato interessante ascoltare, tra gli altri, la voce di uno psichiatra-psicanalista di vecchia data quale il professore Castaldi è, con alle spalle una storia nella psichiatria di strada che lo ha portato a sviluppare una concezione atipica del setting, la quale a mio avviso ben si presta alla moderna trasformazione cui sta andando incontro il modo di offrire aiuto alle persone.
Di seguito alcuni spunti che più mi sono rimasti di quanto detto al convegno, inframmezzati da alcune mie riflessioni.
La premessa basilare a supporto dell’utilità della psicologia online è che ogni cultura produce idee ed etica sociale differenti, elementi che cambiano in continuazione scolpendo ogni generazione di una propria identità.
Ecco perché alcuni comportamenti considerati scandalosi 50 anni fa oggi sono abitudini accettate e diffuse. Il succedersi della cultura, inevitabilmente, avvia una trasformazione nei comportamenti dell’uomo, anche dal punto di vista psicofisico. L’avvento di una nuova tecnologia ha un impatto devastante talvolta su questo contesto, ed è capace in 5-10 anni di trasformare la nostra vita sociale e modo di relazionarci.
Un punto su cui sempre molto si discute circa l’opportunità di effettuare consulenze psicologiche a distanza è quello relativo al setting, ossia il contesto dentro il quale la relazione d’aiuto si sviluppa.
Classicamente si immagina lo psicologo seduto su una sedia e il paziente sdraiato sul lettino a parlare, ma al di là di questi che sono ormai diventati quasi dei luoghi comuni per identificare la nostra professione, il punto su cui è importante focalizzarsi è se il setting del computer, webcam e microfono può avere controindicazioni per promuovere il cambiamento e, in caso affermativo, quali.
Castaldi ha sostenuto una posizione rispetto alla quale anche io da tempo ormai mi batto: il cambiamento e la cura possono passare anche attraverso setting non convenzionali.
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Si pensi agli psicologi e psichiatri che lavorano in comunità: si passa la giornata con i pazienti mica stando sempre sul lettino a parlare. In cucina a preparare il pranzo assieme, la gita nel fine settimana, i corsi incentrati sulle abilità lavorative: sono tutti momenti di guarigione che contribuiscono in maniera differente a riabilitare la persona. È una modificazione del setting che denota una importante posizione di apertura verso la soggettività di chi sta male, le loro condizioni fisiche, psichiche culturali.
L’analista, lo psicoterapeuta, lo psicologo e lo psichiatra devono muoversi, utilizzare tutti i mezzi a loro disposizione per far si che la domanda dell’altro trovi un veicolo, una strada, un cammino. Si può reinventare il setting in ogni tempo e latitudine, ma questa operazione dipende dal terapeuta, e non è un problema di lettino, banco della cucina, webcam o altro.
Tornando sul piano odierno e sulla possibilità di utilizzare skype per guarire le persone, c’è da fare una distinzione importante tra la tipologia di cambiamento che si vuole ottenere nella persona.
I sintomi si possono ridurre anche trattando a distanza le persone, mentre più complesso è riuscire a mantenere le aspettative delle persone che arrivano dallo psicologo su skype con richieste per certi versi più generiche, come ad esempio potrebbe essere “inquadrare il rapporto che ho con la dimensione del desiderio”.
Certo che il sintomo si può ridurre e talvolta sparire anche senza passare per la strada più lunga e profonda della ristrutturazione della personalità. C’è in alcuni casi il rischio che dopo alcuni la situazione si possa ripresentare, ma questa è una opzione tutto sommato percorribile, soprattutto per quelle persone che non hanno motivazione per mettersi in gioco in un percorso più articolato.
Il setting per risolvere la situazione sintomatica conta relativamente secondo Castaldi, ha un suo peso importante invece se si desidera andare nel profondo.
Le domande che arrivano a chi lavora online, d’altra parte, sono quasi tutte incentrate sul sintomo, non su altre questioni, e la domanda è pertanto di cura, non di conoscenza di se stessi: ecco perché il setting online è sufficiente a svolgere questo compito.
Il contesto “standard” è invece necessario per andare a vedere i link tra la storia presente e quella passata. Questa regola è valida oggi, ottobre 2012, perché tra 15-20 anni non è detto che sarà ancora così: un ragazzo di oggi vive sull’on line e introietterà questa dimensione dentro sé, per cui probabilmente l‘online avrà per la nuova generazione il valore e utilità che per noi ha avuto il cartaceo, lo scrivere con la penna, e così via.
Non si tratta quindi di effettuare il passaggio per cui ci si ritrova dalla famosa “uccisione del padre” di stampo freudiano-edipico all’uccisione del setting, ma si tratta di re-inventarlo e riadattarlo alla situazione moderna.
Bene quindi sperimentare e assecondare almeno in parte queste novità, ma per farlo occorre andarci sempre e comunque con prudenza e coscienziosità. L’Italia in questo senso sta ancora lavorando per fare ordine e pulizia di regole in questo contesto, e una possibile via da seguire potrebbe essere quella Svizzera, dove gli psicologi possono fare psicoterapia a distanza previo una esperienza passata di 10 anni di psicoterapia dal vivo, e la frequentazione di una scuola speciale che metta in evidenza i limiti e risorse di questi nuovi strumenti che le persone hanno a disposizione per relazionarsi tra loro.