La psicoterapia transpersonale
Pier Luigi Lattuada è medico, psicoterapeuta nonché fondatore della Biotransenergetica.
Si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università Statale di Milano nel 1981 e nel 1986 si è specializzato in Psicologia Clinica.
Contemporaneamente agli studi accademici ha seguito da un lato una formazione in medicina tradizionale cinese, medicina omeopatica e iridologia, dall’altro un percorso formativo in terapie psicocorporee con particolare attenzione all’approccio umanistico e transpersonale.
Dal 1981 il contatto con il Brasile e le pratiche della tradizione sciamanica sudamericana gli hanno consentito di percorrere un cammino personale di trasformazione che lo ha condotto, tra l’altro, ad elaborare con Marlene Silveira, una disciplina psico-spirituale di nuova concezione: la Biotransenergetica.
E’ presidente di Om Associazione per la Medicina e la Psicologia Transpersonale, direttore della Società Italiana di Biotransenergetica e del relativo Training di Formazione in Counseling Transpersonale.
Indice:
00:57 Il concetto di transpersonale e la concezione del disagio secondo questo approccio
03:56 Come promuovere il cambiamento
05:07 Espandere gli stati di coscienza: gli obiettivi della psicoterapia transpersonale
08:24 Relazione psicologo – paziente e ruolo dei confini
11:55 Radici teoriche dell’approccio
13:34 Il percorso di Pier Luigi Lattuada
15:44 Tecniche utilizzate
21:34 Sbocchi lavorativi
23.20 Libri di riferimento e consigli per i giovani psicologi
Potrebbero anche interessarti:
Testi di riferimento:
Lattuada:
– L’arte medica della guarigione interiore
Sbobinatura intervista
“Una metafora importante presa dal Buddhismo è quella dello specchio: la vera natura della mente è lo specchio e tutti i contenuti che si riflettono sono contenuti riflessi. Se mi accorgo di essere questo specchio i contenuti diventano decisamente meno pregnanti, se questo riesce possiamo stare certi che il problema della persona si dissolve più che risolversi.”
***
Il concetto di Transpersonale e la concezione del disagio secondo questo approccio.
Luca Mazzucchelli: Un saluto a tutti da Luca Mazzucchelli, oggi parliamo di Psicoterapia Transpersonale e lo facciamo con Pier Luigi Lattuada, medico, psicoterapeuta e direttore della scuola di formazione in Psicoterapia Transpersonale. Pier Luigi grazie per essere qui con me oggi.
Pier Luigi Lattuada : Grazie a te e buongiorno a tutti.
LM: Senti, se sei d’accordo partiamo dal nome: Transpersonale… che cosa vuol dire?
PLL: Transpersonale vuol dire oltre la persona…
LM: Quindi applicato nel contesto della psicologia e psicoterapia?
PLL: Se noi consideriamo la persona come la nostra identità, come l’insieme delle nostre maschere come Jung ci insegna, andare oltre la persona significa attingere a quella dimensione più autentica di noi stessi, il sé per dirlo in termini psicologici o l’essenza in termini più spirituali.
LM: La domanda con la quale di solito apro un po’ le mie interviste è qual è la concezione da un punto di vista della psicoterapia transpersonale del disagio e della persona… perché le persone stanno male o stanno bene?
PLL: Contestualizziamo: la Psicoterapia Transpersonale nasce sull’onda della psicologia umanistica, siamo negli anni ‘60 in America, ci si interessa allo sviluppo del potenziale umano, arrivando a considerare la dimensione spirituale, la dimensione delle qualità più elevate dell’essere umano. Ogni disagio e ogni patologia viene vissuta prima di tutto come una mancata realizzazione del proprio sé, una mancata piena espressione dei propri talenti, delle proprie qualità e della propria vera natura. In ogni caso ogni disturbo viene letto all’interno di questo contesto più ampio che è la non piena realizzazione di sé.
LM: E’ un percorso continuo rispetto al quale la persona ha bisogno di essere accompagnata…
PLL: Certo, si potrebbe usare una frase che dice “Si ammala chi può, non chi vuole”… L’espressione del disagio è sempre l’espressione di uno slancio creativo, di un bisogno di andare verso se stessi che attraverso il disagio comincia a farsi sentire, a bussare alle porte. Sant’Agostino diceva che la sofferenza è la prima delle grazie, inteso come una spinta interiore a mettersi in discussione, a riconoscere qual è la propria vera natura. Il disagio diventa un alleato, ogni disturbo non viene visto fine a se stesso o come qualcosa da far scomparire o da combattere, ma diventa qualche cosa da ascoltare e una risorsa per dialogare, per cercare di riconoscere quelle che sono le qualità più elevate di cui ci vuole parlare .
Come promuovere il cambiamento e l’importanza degli stati di coscienza.
LM: Una risorsa quindi, un po’ come dire che la crisi, lo stare male per certi versi è un’opportunità…. da questo punto di vista per promuovere il cambiamento nella persone immagino occorrerà sicuramente capire il significato del sintomo… cos’altro?
PLL: Fondamentalmente padroneggiare l’esperienza interiore, che è qualche cosa che è molto poco considerato, nel senso che anche se noi ci chiediamo il perché di qualcosa in realtà chiedendoci perché non arriviamo alla vera essenza del nostro problema. La Psicoterapia Transpersonale dice che per riconoscere la vera natura del proprio problema è importante imparare a padroneggiare la propria esperienza interiore, la propria mente, quindi espandere gli stati di coscienza per realizzare quella capacità di osservazione, quella capacità di presenza a sé stessi per la quale si realizza l’insight. L’insight, ossia l’intuizione, la conoscenza intuitiva, viene vista come lo strumento principale per conoscere se stessi e riconoscere i propri disagi. Se non si accede alla dimensione della coscienza intuitiva si considera che la conoscenza non sia un’autentica conoscenza di noi stessi.
LM: Cosa vuol dire espandere gli stati di coscienza…
PLL: Dovremmo in questo caso collegarci a quella che è la filosofia perenne, quindi le varie tradizioni esperienziali dell’umanità e di saggezza. La nostra dimensione razionale, quella che si chiede perché, quella che ragiona secondo una logica di causa effetto, di A+B=C, è una dimensione mentale che ci serve per sapere che stiamo facendo un’intervista, che viviamo in un certo posto, per avere riferimenti nel quotidiano o per agire sulla materia. Per agire su noi stessi è importante espandere questo livello di coscienza, considerando che esiste un’altra dimensione della coscienza, che è quella in grado di osservarsi, piuttosto che di pensare. E’ in grado di osservare il proprio pensiero piuttosto che giudicare e di osservare il proprio giudizio. Si parla di disidentificazione, i nostri problemi alla fine sono un’identificazione, noi crediamo davvero di essere quella tal cosa. Se noi abbiamo un attacco di panico crediamo davvero di avere questo attacco, in realtà se noi espandiamo la coscienza ci accorgiamo che quell’attacco di panico è qualche cosa che ci sta attraversando. Noi non siamo l’attacco di panico, però per comprendere che non lo siamo, piuttosto che non si è la propria depressione, si deve avere uno stato di coscienza più ampio che consenta di vederlo dall’esterno.
LM: Un allenamento a guardarsi anche dall’esterno…in questo senso tu dici espansione…
PLL: Certo, dall’esterno dell’io, ma solo se la mappa di riferimento che noi abbiamo è: “ok esiste l’io, ma esiste anche una dimensione più ampia di noi stessi che è il sé” questa espansione di coscienza è attingere alle dimensioni più elevate del sé, vedere il nostro io e vedere le nostre identificazioni, cioè l’insieme di quelli che sono i vari conflitti psicologici.
LM: Quindi si lavora molto per rendere la persona più flessibile da questo punto di vista, mentre la rigidità è data dall’ identificazione con un’ unica dimensione?
PLL: Sì, noi cerchiamo di lavorare molto partendo da quelle che sono delle leggi universali naturali che anche la fisica moderna piuttosto che la visione integrale ci da. Tutto è un flusso interconnesso di eventi: esistenza, dinamismo e interazione, per cui dobbiamo cercare di avere un atteggiamento dinamico e interconnesso se vogliamo onorare la nostra natura. Tutto ciò che favorisce noi, una condizione di dinamismo e di interconnessione, favorirà la capacità di espandere la nostra coscienza. Per questo motivo ci sono tra le pratiche della Psicoterapia Transpersonale pratiche psico corporee, perché mettono in moto l’energia, mettono in fluidità il sistema e quindi creano una condizione nella quale è più facile espandere la coscienza.
Quando noi siamo innamorati, quando siamo felici o siamo in mezzo alla natura ci sentiamo più uniti, più veri, più autentici e si cerca di creare questo con la Psicoterapia Transpersonale.
Relazione psicologo – paziente e ruolo dei confini.
LM: Da questo punto di vista che tipo di relazione si instaura tra lo psicologo e il paziente?
PLL: Famoso dalla psicologia umanistica in poi è il rapporto tra persona e persona, fra due esseri umani che sono in viaggio e partecipano a questo viaggio attraverso un dialogo partecipativo, per il quale c’è ovviamente una differenza di bisogni. C’è una persona che va da qualcuno e che lo paga, entra all’interno di un setting, di un contratto terapeutico e c’è l’altra persona che dà delle risposte, ma all’interno di questo setting c’è un trascendimento e inclusione in una condizione per la quale due persone creano una relazione. Quanto più vivono una relazione autentica, quanto più questa relazione sarà quella che cura. Questa è una cosa che dicono anche molti altri approcci, la relazione che cura deve essere il più possibile autentica insegnando ad espandere la coscienza ad entrambi per vedere l’altro per quello che realmente è.
LM: Mi viene in mente a questo proposito anche un tema che avevo affrontato con Riccardo Zerbetto, parlando della Gestalt… a proposito dei confini, in un contesto transpersonale che ruolo hanno? Dividono, mettono in contatto…
PLL: Il termine confine è un termine essenziale nella Psicoterapia Transpersonale. Possiamo dire che il confine indica o preclude, indica il saggio e preclude lo stolto, o indica chi riesce a disidentificarsi, a cogliere l’insegnamento del confine oppure preclude chi si identifica con il confine e non coglie questo insegnamento. Ad esempio, l’attacco di panico è un confine: mi limita, mi blocca il respiro eccetera… Se io lo vedo come un confine questo mi limita, ma se io riconosco che questo confine mi indica un altrove, un qualche cosa che c’è aldilà, allora il confine diventa qualche cosa che indica e diventa un alleato. Noi possiamo anche dire che quello che facciamo ai confini è cruciale, nel senso che il confine è il luogo dove nasce la coscienza. Siamo in contatto e io ho coscienza di te come tu di me nel momento in cui siamo in un confine. Quello che facciamo a questo confine determinerà il tipo di relazione che noi avremo, per cui da una parte è ciò che limita e quindi ci dà un’identità, dall’altra è ciò che indica la possibilità di trascendere e includere. Uno dei termini – chiave della Psicologia Transpersonale è trascendere, includere. Non è un “o…o” ma un “e…e” per il quale tu riconosci un confine, non lo combatti, non lo giudichi, non lo neghi, ma impari attraverso gli strumenti metodologici a trascenderlo ed chiuderlo all’interno del tuo Sé.
Radici teoriche dell’approccio Transpersonale e il percorso di Lattuada.
LM: Bella questa immagine dello psicologo come un lavoratore sul confine che trascende… dove affondano le radici teoriche di questo approccio?
PLL: Storicamente è nata negli anni ‘60 dalla psicologia umanistica, la Psicoterapia Transpersonale viene definita la Quarta Forza dopo psicoanalisi, comportamentismo e psicologia umanistica. Possiamo anche dire che in qualche modo trascende ed include gli altri approcci essendo l’ultima nata. Ha avuto origine dalle radici stesse della psicologia attraverso una graduale evoluzione verso una psicologia del benessere e poi verso una psicologia della spiritualità. Questo da un punto di vista più psicologico, il modello di riferimento è però quello della filosofia perenne, quindi delle antiche tradizioni universali che possono essere andare dai Veda al Buddhismo, al Taoismo, allo stesso cristianesimo mistico, alla filosofia fenomenologica di Husserl, a tutto quel filone che accompagna la storia dell’umanità. Il paradigma di riferimento attuale è il paradigma olistico, che è una riemergenza in termini scientifici di quella che è la tradizione spirituale dell’umanità.
LM: A proposito dell’evoluzione della Psicoterapia Transpersonale, qual è stata la tua evoluzione? Com’è che sei approdato alla Psicoterapia Transpersonale?
PLL: Ho vissuto il ’68, di sinistra, combattente, medico molto razionale. Studiavo la bioenergetica reichiana, infatti il modello che noi insegniamo è la Biotransenergetica. Questo modello risente del fatto che nella fine anni ‘70 io facessi bioenergetica, la mia formazione principale è stata in termini psicoterapeutici quella reichiana. Nel 1981 ho incontrato la mia ex moglie, di origini brasiliane, con la quale sono andato in Brasile. Per me il Brasile era Carnevale, samba, macumba… sapevo di qualcosa, ma non mi interessava nulla, ci sono finito per forza. Ho avuto invece delle esperienze sciamaniche e spirituali molto importanti, che hanno cambiato la mia vita. Dall’82 in poi posso dire che quello che ero prima non lo sono stato più, sintetizzando in una frase il Brasile mi ha fatto scendere dalla testa al cuore. Questo passaggio che non è ancora finito, ma incominciato nel 1981 e quindi la storia dell’evoluzione della Biotransenergetica, che è la metodologia all’interno della visione Transpersonale, è la storia della mia evoluzione di questi anni dalla testa al cuore.
LM: Senza più confini fra la testa e il cuore…
PLL: No… con una metodologia e una tecnologia che vuole cercare di insegnarci ad avere a che fare con i confini, in modo tale che non siano solo limitanti, ma anche propositivi e indicativi di un altrove…
Tecniche utilizzate nell’approccio Transpersonale.
LM: A proposito di metodologia, ti va di raccontare una tecnica che utilizzi molto in seduta? Altre persone che ho intervistato usano dei protocolli, altri una forma mentis, altri strumenti o esercizi…
PLL: Io dico sempre agli allievi che nella domanda c’è sempre una risposta, per cui se tu vuoi avere la risposta stai completamente vuoto e sveglio come dice lo Zen di fronte alla persona. Noi abbiamo diversi livelli di pratiche o di metodologie, che vanno da pratiche più meditative a pratiche di self-healing ossia una pratica di autoguarigione o pratiche terapeutiche più prettamente interventiste da parte del terapeuta. Suggerisco sempre di iniziare dando alla persona la possibilità di entrare in uno stato meditativo, quindi la prima pratica che io cerco di utilizzare con il cliente è quella che noi chiamiamo il “passaggio dello zero”, restare in silenzio di fronte alla persona ed invitare le persone a stare in silenzio e accorgersi che noi siamo già dove dobbiamo essere, che noi siamo già alla sorgente, che noi siamo già nel nostro sé, siamo già realizzati. Tutto quello che compare come i pensieri, le immagini, i ricordi, le emozioni…tutte queste cose scompaiono, fare lo zero vuol dire accorgermi che io sono già in questo grande zero che contiene tutto il resto. Fare lo zero non significa scacciare o combattere pensieri o emozioni, ma semplicemente accorgermi che tutto questo avviene nello zero. Una metafora importante presa del Buddhismo è quella dello specchio: la vera natura della mente è lo specchio e tutti i contenuti che si riflettono sono contenuti riflessi. Se mi accorgo di essere questo specchio i contenuti diventano decisamente meno pregnanti e quindi la pratica dello zero è una pratica che cerca di mostrarci questo specchio, questo essere essenza dove tutto succede. Se questo riesce possiamo stare certi che il problema della persona si dissolve più che risolversi; si crea una condizione, uno stato dell’essere per il quale il proprio problema viene ridimensionato e soprattutto affiorano da dentro di noi le risorse che ci consentono di vedere come risolvere il problema.
LM: Mi piace molto questa cosa che dici, che va anche controtendenza, nel senso che spesso le persone si aspettano di andare dallo psicologo che ti dice che cosa fare, quali soluzioni… un po’ è anche colpa nostra, che spesso diamo un’idea, un’immagine che non sempre aiuta ad arrivare dalla psicologo con le giuste aspettative. Invece tu al posto di dire “fai questo… fai quello”, dici facciamo lo zero. E’ controtendenza, ma giusto… sembra sia una modalità molto sensata…
PLL: Bisogna anche essere un po’ folli per fare questo, nel senso che bisogna avere questo coraggio di fare… Io stesso ogni volta che lo insegno, ogni volta che mi chiedo perché lo faccio mi dico “beh, però!” e tutte le volte funziona sempre. Quando arrivano gli allievi il primo anno che escono tutti belli dall’università, ti può immaginare come escono, sappiamo come sono preparati e formati nei cinque anni: lo psicologo dev’essere così così eccetera eccetera quindi questo lavoro di fare lo zero ti assicuro che è estremamente liberatorio.
LM: Negli Stati Uniti si dice molto less is more il meno è di più… alla fine è un po’ la vostra stessa logica…
PLL: Lo dice anche Armani che la bellezza è togliere e io lo ripeto ai miei allievi, quindi scompari. L’altra situazione è questa: ogni problema, ogni conflitto, ogni disagio viene visto come qualche cosa che noi facciamo e che non dovremmo fare. Non si tratta di fare qualcosa per stare bene, ma di accorgersi di cosa facciamo che ci fa stare male e questo accorgersi è sempre un vedere, un dire “ah!” come la lampadina di Archimede Pitagorico. Prima parlavo di coscienza intuitiva, la coscienza intuitiva è quando dici “ah!” che è l’unica vera conoscenza. David Bohm parla, come pure tantissimi altri, della comprensione di un nuovo ordine che consente di realizzare insight, quindi con la Biotransenergetica e la Psicoterapia Transpersonale cerchiamo di creare le condizioni per l’insight che riteniamo essere l’unica vera conoscenza, quella che ti fa dire lei “ah, ho visto!” e per dire Eureka devi scomparire. C’è una bellissima frase che ho postato l’altro giorno su Facebook di Einstein che dice la stessa cosa: “La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un fedele servo. Noi abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il dono.”
La mente razionale dovrebbe essere la serva della mente intuitiva e invece molto spesso fa anche danno, è la mente intuitiva quella che ti porta alla conoscenza, la mente razionale è al servizio, invece siamo immersi nella mente razionale e dimentichiamo la mente intuitiva. Il passaggio dallo zero vuole cercare di creare le condizioni perché questo insight della mente intuitiva possa nascere.
Sbocchi lavorativi.
LM: Spesso i giovani psicologi e colleghi si chiedono, anche rispetto alla scelta della scuola di psicoterapia, con queste competenze quali sono gli sbocchi lavorativi, quali gli ambiti di impiego?
PLL: Io vedo dieci persone al giorno, per cui l’ambito prevalente è quello clinico, però se si cerca di creare le condizioni perché tu sappia rispondere alla domanda, se ci occupiamo di processi, non di persone, del processo che si realizza fra me e te e se io padroneggio questo processo allo stesso modo padroneggio il processo di un gruppo o di una famiglia o di una coppia o di un’organizzazione. L’intento è quello di dare degli strumenti attraverso i quali tu sappia padroneggiare processi di sistemi viventi, quindi l’applicazione può essere in azienda, nella famiglia… Ci sono molte pratiche che sono simili alle costellazioni familiari quindi si lavora anche in gruppo. E’ abbastanza vasto il campo, quando mi chiedono io dico anche questo: se non vuoi metterti nei guai non iscriverti, nel senso che nella nostra ottica il viaggio di realizzazione di sé è un viaggio che intraprendiamo, ma non sappiamo bene dove andiamo a finire, perché alla fin fine ci sono sempre delle strettoie, si passa se si lascia tutto…
Testi di riferimento e consigli ai giovani psicologi.
LM: Senti in questo vasto panorama ci sono dei libri o dei testi che ti sentiresti di suggerire per i colleghi o anche non necessariamente addetti ai lavori che avessero voglia di avere qualche coordinata in più?
PLL: Io ne ho scritti diversi, circa 15 o 16 che sono sul sito [www.integraltranspersonal.com]. Tra i miei consiglierei Oltre la mente, editore Franco Angeli e L’arte medica della guarigione interiore. Poi ci sono i libri di Grof e di Ken Wilber…
LM: Io avevo letto Oltre i confini di questo autore…
PLL: Oltre i confini, Lo spettro della coscienza oppure di Grof Psicologia del futuro può essere abbastanza interessante.
LM: Un suggerimento per il giovane psicologo che voglia meglio orientarsi fra i diversi approcci, tu come hai fatto ad orientarti?
PLL: Guarda io dico che una delle poche qualità che ho è quella di non poter fare ciò per cui non sono fatto, per cui quello che io consiglio è seguire esclusivamente quello che è lo slancio interiore e non valutare per strategie di vario tipo, sia economiche che di vantaggi, di ragionamenti… fare solo quello che ci detta il cuore, sentire quella spinta interiore e seguirla contro ogni ragionevolezza.
LM: Sono d’accordo, devo dire che sono veramente tanti quelli che mi scrivono e mi dicono dove è meglio posizionarmi lavorativamente parlando…
PLL: Dimenticatelo…Una delle follie della nostra società è che quando tu presenti un protocollo o un piano compare subito il termine “obiettivi” e uno crede di essere così ben radicato, di sapere quello che vuole quando dice: “Questi sono i nostri obiettivi”. Peccato che gli obiettivi e tutti i risultati sono solo un effetto collaterale, sono l’effetto collaterale di compiere la giusta azione. Se tu compi la giusta azione hai un risultato, se non la compi non ce l’hai, non è che se tu ti poni un obiettivo lo realizzi. Se ti occupi di sapere qual è la cosa giusta da fare raggiungi un obiettivo, quindi dimentica gli obiettivi a priori. E’ importante dire ai ragazzi che vengono alla scuola di dimenticarsi degli obiettivi, dimenticarsi se dà da lavorare o no, occuparsi di fare la giusta azione e la giusta azione è sempre quella di seguire la propria strada… E’ come la ghianda di Hillman: tu sei quella ghianda e puoi solo diventare quella quercia, per cui fai ciò che ti fa diventare quella quercia.
LM: Si tratta di tornare allo zero per certi versi…
PLL: Perché se noi facciamo lo zero troviamo noi stessi. C’è un altro detto che uso sempre: “la mente mente, il sé sa”… per cui seguì il sé.
LM: Su questa frase direi che possiamo salutarci, grazie per la tua disponibilità.
PLL: È stato un piacere conoscerti ed avere questa opportunità, ti ringrazio ed avremo sicuramente altre occasioni… ciao e arrivederci!
LM: Sicuramente….ciao!