Separazione e figli

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Psicologia giuridica

Separazione e figli

separazioneLa separazione e il divorzio sono momenti cruciali e di grande sofferenza. Quando ci sono dei figli i problemi psicologici richiedono una fortissima responsabilità psicologica.

Di solito, la decisione di separarsi è conseguente ad un periodo prolungato di profonda insoddisfazione:

1.      non si riesce più a stare bene insieme,

2.      si hanno valori e obiettivi diversi e inconciliabili,

3.      non si fa che litigare oppure

4.      nella coppia regna la distanza emotiva e la mancanza di comunicazione.

Dal divorzio si esce in qualche modo “segnati” e cambiati sempre.

Infatti, la dissoluzione del legame matrimoniale non costituisce solo la fine di una storia d’amore importante, ma anche di tutto quello che un matrimonio rappresenta a livello psicologico. É la fine di un progetto di vita in cui si era creduto e scommesso, dei sogni per il futuro, di una relazione che si sperava sarebbe durata per sempre.

Il divorzio è una perdita affettiva importante che racchiude in sé tante altre perdite (economiche, pratiche, sociali, familiari) e in quanto tale è in grado di scuotere in modo profondo l’identità e l’autostima del soggetto che lo vive.

La fine di una relazione è un processo doloroso anche per chi prende la decisione di lasciare; ma per chi viene lasciato lo è molto di più. Infatti, il partner che decide di interrompere la relazione, pur essendo costretto a sopportare il peso della responsabilità della decisione e dovendo fare i conti con il dubbio di aver fatto la scelta giusta e con i sensi di colpa, è quello che se la cava meglio perché è il meno coinvolto emotivamente. Chi viene lasciato vive, invece, una dolorosa esperienza di abbandono e di rifiuto che può intaccare in modo molto profondo l’autostima e la fiducia nell’amore e nel futuro.

Il coniuge che “subisce” il divorzio soffre molto più a lungo e molto più intensamente, ma se riesce a superare questa esperienza così devastante, esce dalla separazione con un Io più forte e con una rinnovata consapevolezza delle proprie capacità e delle possibilità che la vita può offrire.

Accettare l’abbandono della persona amata richiede tempo (un minimo di sei mesi) e un processo psicologico complesso per certi versi analogo a quello che avviene alla morte di una persona cara.

In genere, il processo dell’elaborazione del lutto avviene per fasi la cui durata e intensità varia da individuo a individuo.

Non sempre il coniuge che decide di porre fine al matrimonio ha il coraggio di esplicitare i suoi dubbi e la sua infelicità. In molti casi il partner che lascia, fino al giorno della rivelazione, continua a comportarsi normalmente, senza lasciare trapelare esplicitamente la propria insoddisfazione. Ma anche quando tutto procede come di consuetudine, il partner che non ama più manda senza volerlo una serie di messaggi sotterranei di noia e di disinteresse che l’altro sembra incapace di cogliere. Ma anche quando il partner mostra in modo inequivocabile il suo disamore, il coniuge più innamorato nega l’evidenza.

La ragione di tale cecità psicologica sta nel meccanismo della negazione, un meccanismo di difesa che ci permette di proteggerci dall’impatto di eventi traumatici, semplicemente negandoli e allontanandoli dalla coscienza.

Chi viene lasciato non riesce a credere che sia veramente finita, che l’altro lo voglia lasciare e che non lo ami più, perciò continua a sperare contro ogni logica e ogni evidenza. Quando la negazione è particolarmente forte (più intenso è il coinvolgimento emotivo più intensa è la negazione) si vive un temporaneo stato di choc.

Separazioni e figli

Uno dei compiti più delicati per i componenti della coppia separata o divorziata consiste, attraverso la presenza solida della fiducia nell’ “altro” in qualità di genitore, nella condivisione di un progetto genitoriale comune, alla quale possono pervenire ridefinendo e riorganizzando la loro relazione come genitori all’interno della nuova situazione familiare ed effettuando una vera e propria demarcazione tra i ruoli genitoriali da un lato e i ruoli matrimoniali dall’altro (Gulotta, 1997).
Quando la separazione dei genitori accade entro i suoi primi tre anni di vita del bambino, quest’ultimo capta intorno a sé fratture affettive, dinamiche distruttive. Soltanto il gioco ( la collisione di due trenini, la lacerazione di una bambola, uno scarabocchio rabbioso) può esprimere la forte conflittualità che lo dilania. Come sappiamo, le emozioni e i conflitti non elaborati dal pensiero tendono a tradursi in forme somatiche. In questo caso il bambino esprimerà il suo dolore senza nome attraverso sintomi di malessere o malattie vere e proprie.

Anche se il divorzio è necessariamente doloroso, i genitori possono promuovere una reazione positiva (di “resilienza”) nei propri figli, mettendoli al centro del contesto familiare e tenendo ben saldo il legame con loro.

Dopo il divorzio entrambi dovranno essere sensibili ed attenti a non far mancare ai figli la propria disponibilità, dovranno dirgli la verità, educarlo alla libertà, aiutarlo a soffocare l’autoaccusa con cui cerca di rispondere alla separazione dei genitori, dargli una giusta collocazione, non distruggere l’immagine dell’altro coniuge e mantenere una coerenza educativa che lo aiuti ad uscire fortificato, e per quanto possibile, sereno, dal dramma della separazione

Conclusioni

Sensibilizzare i genitori alla tematica della responsabilità verso i figli significa Bisogna ricordare che alla base dell’educazione più che regole e imposizioni c’è soprattutto la relazione umana tra il genitore e il figlio, la presenza e la continuità di affetti.

Ricordare che i genitori devono coltivare giorno dopo giorno questa relazione attraverso l’empatia, l’ascolto, l’accoglienza, l’affettività, la rassicurazione, la condivisione di valori etici e morali, l’accettazione delle debolezze e lo spirito del sacrificio.

Occorre mettere in gioco connessioni emotive “ossia mettere in contatto il cuore con la mente e la mente e con il comportamento”.

Non basta prendersi cura del corpo dei nostri figli, è importante prendersi cura soprattutto della loro anima se vogliamo che diventino, in futuro, adulti equilibrati, responsabili e perché no, anche un po’ felici!

Teresa Lamanna

 

 

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