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Separazioni a passo di lumaca

Psicologia giuridica

Separazioni a passo di lumaca

 

Sicuramente ricorderete la notizia, passata in tv qualche giorno fa, di quei gemelli romani la cui causa di affido si è protratta per tanto, troppo tempo: talmente tanto che i bambini, all’epoca tredicenni, hanno compiuto 20 anni.

Una separazione difficile, complicata, caratterizzata da denunce e controdenunce, una causa per l’affido che è stata “sballottata” tra le aule del tribunale penale e, ad appesantire ancor di più la già grave situazione, una serie infinita di rinvii e slittamenti delle udienze: così la decisione di un giudice arriva con ben 7 anni di ritardo.

La sentenza ha segnato il destino del padre, che ha incassato una condanna a 6 mesi per maltrattamenti nei confronti della moglie, mentre la donna, accusata dall’ex marito di violazione degli obblighi di assistenza familiare (non avrebbe dato da mangiare ai due figli) viene assolta.

Ma la peggior condanna è stata impartita ai due gemelli che, nei sette anni di limbo, si sono trovati nella condizione di dover fare continuamente i bagagli dalla casa del padre a quella della madre e viceversa. Hanno dovuto vivere come “strumenti” nelle mani dei loro genitori, talmente impegnati nella loro guerra da non capire quanta sofferenza stavano infliggendo ai loro figli.

Ma la colpa di tutto questo è da attribuire ai genitori? No, o almeno, non solo. Dobbiamo interrograci sul nostro sistema giudiziario, troppo lento e ben poco attento alle urgenti esigenze dei bambini. I minori non vengono tutelati, non vengono protetti, non vengono considerati (come, invece, si afferma ripetutamente).

È sicuramente vero che i genitori dovrebbero essere in grado di scindere la loro situazione di coppia dal loro ruolo di padre e di madre, evitando, così, di arrivare ad usare i figli per colpire la controparte. Ma è altrettanto vero che, nella maggior parte dei procedimenti di separazione giudiziale, la coppia è pervasa da sentimenti di rabbia, rancore, delusione, fallimento, e spesso tutto questo annebbia la mente, portando i futuri ex-congiugi a perdere di vista la principale priorità: la salvaguardia dei propri figli.

A questo turbinio di sentimenti, il sistema giudiziario offre un terreno fertile per la loro esacerbazione: con i suoi tempi eccessivamente prolungati e le sue regolamentazioni poco chiare, porta a veri e propri collassi, in cui i coniugi vengono esasperati e trovano carta bianca per poter fare dei loro figli ciò che vogliono.

E i figli sono costretti a vivere settimane, mesi e, spesso, interi anni della loro vita in un costante limbo, senza un punto di riferimento stabile, subendo continue pressioni psicologiche, vivendo direttamente il dolore e la rabbia dei propri genitori, sentimenti che in molti casi fanno loro, ribaltando tutte le loro convinzioni; e i loro diritti vengono costantemente calpestati.

Possiamo proporre tutto ciò che vogliamo, in quanto professionisti: possiamo pensare di introdurre la figura del mediatore familiare, possiamo consigliare di affiancare uno psicologo, possiamo aiutare i genitori insegnando loro che la fine della coppia non comporta la fine della genitorialità. Ma se alla base abbiamo un sistema giudiziario che non aiuta in alcun modo, ogni tentativo sarà sempre più faticoso e, in molti casi, fallimentare.

La domanda sorge spontanea: come mai il nostro sistema funziona così male? E come mai non si adatta alle nuove esigenze della nostra società? È praticamente impossibile rispondere senza cadere in un discorso meramente politico.

L’unica cosa che possiamo fare è sperare nei piccoli passi avanti che si cominciano a delineare, quali, ad esempio, la proposta di legge sul divorzio breve. E sperare nel famigerato atteggiamento del “buon padre di famiglia” che ogni giudice dovrebbe assumere.

E nel frattempo? Noi, come professionisti, faremo il possibile per evitare che certe lungaggini processuali distruggano le vite dei vostri figli.

Dott.ssa Cecilia Pecchioli Catelani

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