In questo articolo, vorrei parlarvi di una metodologia molto interessante per affrontare in maniera diversa il tema della disabilità.
Normalmente, quando nasce un figlio con disabilità grave o medio grave, c’è un’iniziale paura dei genitori di fronte al fantasma della malattia con la quale dovranno convivere tutta la vita. In seguito, però, grazie alla conoscenza del nuovo arrivato e all’aiuto fornito dagli operatori esterni ed esperti del mestiere, i famigliari imparano ad accettare questa condizione e, di solito, iniziano a trovare una serie di lati positivi di fronte all’insopportabile idea di aver generato un figlio con problemi.
Il secondo passo, però, è quello di far accettare il bambino dalla società, prima tra parenti e amici, poi durante tutto il percorso scolastico. Come si può fare a considerare “persona” un individuo che, ad esempio, a mala pena sta seduto in carrozzina, che non parla e fatica ad esprimersi anche mediante gestualità? Con questo approccio, il Dott. Riziero Zucchi ha ideato una metodologia che, se riuscirà a diffondersi in modo capillare, produrrà sicuramente dei grossi vantaggi da molti punti di vista.
Ogni disabilità ha un nome che la definisce e la classifica, ma siamo sicuri che due bambini autistici siano esattamente uguali? In fondo, le parole sono simboli convenzionali, bisogna passare dalla parola alla persona e la metodologia descritta qui permette questo passaggio. Non basta fermarsi alla superficie della parola “autistico”, ma bisogna andare più in profondità e conoscere quel bambino che, di certo, pur essendo autistico, avrà le sue abitudini e il suo particolare carattere.