Faccio bene a iscrivermi a Psicologia?
Sono tanti i giovani studendi alle prese con la scelta sul loro futuro professionale che mi chiedono: “Faccio bene a iscrivermi a Psicologia?”.
Ho allora rispolverato i miei ricordi universitari (nell’immagine qui sopra sono io, 10 anni fa – il 14 luglio 2004 – il giorno in cui mi sono laureato) per condividere le riflessioni che, con il senno di poi, mi sono venute in mente su questo tema.
Perchè ho scelto Psicologia
In realtà all’inizio mi ero iscritto a Medicina, mi interessava l’ambito della Psichiatria, poi mi sono reso conto che la via che faceva per me era più quella dell’ascolto e della parola che degli psicofarmaci e delle reazioni neurochimiche. Così ho cambiato rotta, trovandomi subito a mio agio nel percorso di studi forse per la prima volta nella mia carriera di studente.
Questo incastro così forte e duraturo mi ha fatto più volte pensare che per fare lo psicologo occorra avere una specie di vocazione, che si sviluppa e struttura nel corso della nostra vita.
Questo concetto credo stia alla base della scelta di moltissimi psicologi, e merita un approfondimento a se stante sul quale soprattutto i giovani devono interrogarsi. Agli interessati fornisco alcune riflessioni a tal proposito attraverso un breve video in cui analizzo il concetto dello psicologo quale guaritore ferito.
Certo la vocazione c’è, ma questo non significa che il mio sia stato un percorso in discesa: come la maggior parte dei percorsi formativi mi ha posto davanti a criticità e gratificazioni importanti, lasciando spazio in alcuni casi anche a qualche piccolo rimpianto.
Uno dei temi importanti da considerare quando ci si vuole iscrivere a Psicologia è quello delle aspettative. A questo proposito condivido una bella “psicoImmagine” che ha creato per questo sito una collega, Valentina Gentile, e che credo bene rappresenti – in chiave ironica – il difficile rapporto tra le aspettative e la realtà nel passaggio dall’università al mondo del lavoro.
Iscriversi a Psicologia e immaginarsi dopo 5 anni con un posto fisso in ospedale è un’idea irrealistica destinata a generare frustrazione. Il mondo del lavoro di oggi è fatto di imprenditorialità, self marketing, intraprendenza e capacità di tessere reti di relazioni. Ma procediamo un passo alla volta.
In sintesi la mia esperienza
Una volta iscritto a Psicologia e iniziato a studiare i primi esami, mi sono quasi subito rassicurato sulla mia scelta. A parte qualche materia che digerivo con difficoltà (vedi statistica, biologia, neurofisiologia, etc.) i docenti e i vari manuali per me erano vere e proprie fonti di informazioni super interessanti. Ci fosse stato già allora l’utilizzo di internet così di massa avrei sicuramente sistematizzato appunti e creato articoli per il web basandomi sulle lezioni, creando con largo anticipo un’ottima vetrina di visibilità per il futuro (vedi l’esperienza di Acchiappamente, che prima di tutti ha compreso questo concetto).
Arrivò comunque il fatidico 14 luglio del 2004: mi laureo con una tesi sulla psicoterapia breve a orientamento psicodinamico ed entro ufficialmente nel mondo dei “disoccupati”. Svolgo un anno di tirocinio post lauream presso un centro etnopsichiatrico nel pubblico (scelta forse non troppo lungimirante, con il senno di poi avrei optato per un ente privato con maggiore prospettiva lavorativa) e faccio l’esame di stato per abilitarmi alla professione.
La famosa “gavetta“
Questo che ho descritto è l’iter “minimo” per lavorare come psicologo, se poi si vuole lavorare in ambito clinico spesso è necessario formarsi più specificatamente attraverso una scuola di specializzazione (che dura altri 4 anni).
La mia gavetta complessivamente è durata circa 4 anni (nella media della categoria e più in generale del mondo del lavoro stando ai dati pubblicati recentemente da AlmaLaurea), dove per gavetta intendo lavori quale quello dell’educatore o attività psicologiche principalmente a titolo volontaristico/fortemente sottopagate, più talvolta qualche paziente.
Non è stato un periodo della mia vita in cui non avevo però nulla da fare: ho seminato tantissimo, sia a livello di relazioni “dal vivo” sia per quanto concerne il marketing online, sia da un punto di vista di acquisizione di competenze (vedi la famosa specializzazione, altri 4 anni molto costosi – 4/5mila euro cad – per avere il titolo di psicoterapeuta).
Solo gli psicologi sono “messi male”?
I dati che qui ho presentato indicano di no, anzi, per certi versi siamo più fortunati di altre categorie. Ho amici avvocati che hanno un iter massacrante prima di conquistare la loro autonomia economica, e come loro anche altre figure professionali altamente qualificate come i medici devono lottare parecchio per entrare in specializzazione (ma se ce la fanno almeno sono retribuiti, noi ce la dobbiamo pagare!).
Si potrebbe certo discutere sugli stipendi (qui ho fatto un articolo su quanto guadagnano gli psicologi) o anche sul tasso di disoccupazione crescente, ma credo che in fin dei conti se si decida oggi di intraprendere una strada di formazione universitaria, occorra mettere in conto tutti questi disagi.
I 3 ingredienti segreti
Che si decida di fare Psicologia o Informatica, Medicina o Legge, il primo ingrediente che mi ha permesso di superare il test d’ingresso a Psicologia prima, laurearmi dopo, resistere nel mondo del lavoro precario per tanti anni e riuscire a ritagliarmi un mio mercato successivamente, è uno soltanto: la passione per la Psicologia.
La passione per la Psicologia, come quella per le altre cose che ci circondano, un po’ ce la si trova dentro e un po’ la si coltiva dedicandole tempo e quindi vivendola.
Il mio suggerimento ai giovani indecisi sull’università da scegliere è di conseguenza il seguente: se avete una vera passione non preoccupatevi degli ostacoli lavorativi e seguitela.
Se invece non siete sicuri di appassionarvi alla Psicologia cercate di capirlo vivendola sulla vostra pelle: leggete libri, parlate con psicologi, guardatevi qualche documentario o video su youtube, e così via.
La passione si sposa molto bene con il secondo ingrediente segreto a mio avviso molto importante per svolgere questo lavoro: la curiosità. In questo mestiere occorre avere una grande dose di curiosità altrimenti diventa tutto più difficile sia da un punto di vista lavorativo in senso stretto (ascoltare le storie degli altri, empatizzare, non stancarsi di sentire racconti anche “pesanti”, etc.) sia per riuscire a costruirsi opportunità lavorative (quindi la costruzione della rete inviante, la messa in atto di progetti lavorativi di tipo imprenditoriale, etc.).
Passione e curiosità sono la base per essere propositivi, caratteristica senza la quale non si hanno a mio avviso chances lavorative.
Certo questo non è garanzia automatica di lavorare bene: conosco colleghi che sono in possesso di queste caratteristiche, ma faticano ugualmente a trovare un loro equilibrio lavorativo. Occorre allora a mio avviso avere il terzo ingrediente, che è la voglia di studiare il nuovo mondo del lavoro e le fondamenta del self marketing, per creare le nicchie di lavoro e potere al loro interno emergere come esperti affidabili (qui analizzo 7 dei più freuenti errori commessi dagli psicologi per cercare lavoro).
Infine, se c’è non guasta mai, un po’ di fortuna 😉
Ma allora faccio bene a iscrivermi a Psicologia?
Chiudo questo articolo facendo riferimento a cosa dicono gli psicologi italiani rispetto alla domanda da cui siamo partiti.
Ho trovato una ricerca a tal proposito molto interessante e ben fatta, su “lo stato e le prospettive delle professioni psicologiche in Italia“, che tra le varie aree ne riserva una relativa al livello di soddisfazione che gli psicologi dichiarano in merito al loro lavoro.
Ebbene: il 49% degli psicologi sono molto soddisfatti del lavoro che svolgono, il 33% sono contenti e lo valutano positivamente, mentre solo il 18% fornisce valutazioni tendenzialmente negative.
Con il senno di poi, insomma, sembra che chi ha fatto questo percorso lo rifarebbe volentieri.
E voi? Quali ingredienti credete necessari per considerare “giusta” – anche con il senno di poi – la scelta universitaria?
Aspetto i vostri commenti nello spazio sottostante!
Luca Mazzucchelli