Vivessere: Xenofobia: il parere dell’esperto
Vivessere: Xenofobia: il parere dell’esperto
La psicologia della xenofobia
In edicola sul numero di luglio 2011 un’intervista che mi ha fatto il mensile “Vivessere” sulla Xenofobia e le sue ragioni psicologiche.
Il PDF dell’intervista si può sacricare qui, mentre incollo qui sotto il testo dell’articolo,
buona lettura
Luca Mazzucchelli
Xenofobia: il parere dell’esperto
Luca Mazzucchelli, psicologo clinico e psicoterapeuta. Fondatore di AlgeriMazzucchelli.it: un gruppo volto a coniugare la diffusione della cultura della psicologia attraverso le nuove tecnologie e che ha dato vita alla prima webtv psicologica; e ad approfondire come i nuovi strumenti di comunicazione potranno servire ad aumentare il benessere delle persone. È inoltre fondatore del Servizio Italiano di Psicologia Online e coordina per l’Ordine degli Psicologi della Lombardia il gruppo di “Psicologia e nuove tecnologie”. Dal suo sito personale www.psicologo-milano.it informa i lettori su temi psicologici di interesse generale e risponde online alle curiosità dei non addetti ai lavori.
A parer suo, cosa spinge un uomo a diventare xenofobo?
Possono essere diverse le motivazioni, e cambiano a seconda della storia personale di chi decide di aderire a queste visioni totalizzanti del mondo. Sicuramente il senso di appartenenza a ideali “forti” restituisce una sensazione di protezione; oltre a fornire una valvola di sfogo in cui riversare tutta una serie di problematiche proprie di un individuo con pochi strumenti per gestire rabbia e sofferenza interne. Non possiamo ignorare, inoltre, come per molti uomini sia più semplice e meno faticoso affidarsi a stereotipi. Piuttosto che andare a vedere le diverse sfumature presenti all’interno di una razza, categoria o professione.
I media e la strumentalizzazione dell’informazione in forma “sensazionalistica” come e quanto influiscono sulla società? È possibile che tale strumentalizzazione arrivi a scatenare casi di ‘emulazione’?
La responsabilità di chi informa e diffonde le notizie è grande. Il modo in cui vengono dipinti gli attori di questi gesti, non veicola semplicemente informazioni, ma costruisce spesso vere e proprie realtà. Se ha indubbiamente senso parlare di certe cose, occorre forse riflettere sul ‘come’ farlo.

Se parliamo di uno stupratore come un modello da non seguire, passa comunque il fatto che è un esempio, un riferimento, per quanto poi possa essere esteticamente discutibile ed etichettato negativamente. Ma se lo si presentasse come un uomo incapace di conquistare una donna attraverso il corteggiamento, quanto pensate possa essere grande l’effetto emulazione? In questo modo, tuttavia, si incorrerebbe nella ‘controindicazione’ per cui crollerebbero le vendite dei giornali…
La teoria della deindividuazione formulata da Gustave Le Bon sul comportamento sociale, poi ripresa da Zimbardo con il noto esperimento di Stanford, è ancora applicabile nel definire la “Psicologia delle folle”?
I principi cui si rifanno questi studiosi sono sempre di grande attualità. Basta pensare a quanto sosteneva in uno dei suoi libri lo stesso Zimbardo quando diceva che “è più frequente che sia un cattivo contesto a corrompere delle persone rette piuttosto che delle mele marce inserite in un ambiente sano”. Tuttavia questo non deve indurre l’individuo nella tentazione di deresponsabilizzarsi dall’impegno di vagliare con la propria autonomia critica gli eventi che riempiono la sua quotidianità.
Da esperto di psiche umana, che tipo di impatto crede che potranno avere sulle masse testi e pellicole come “ACAB”?
Credo nella necessità di informare e mettere in luce una serie di criticità insite nella società in cui viviamo. E nella quale, tuttavia, il singolo ha un ruolo importante nel costruirla e cambiarla. È poi la scelta individuale che farà la differenza tra l’individuo propositivo e protagonista del cambiamento, rispetto a quello che assumerà una posizione passiva e subordinata. Come a dire che il mondo è di chi lo fa, se uno non lo costruisce, lo subisce.